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Libro

Italiano I [PROGRAMMA]

DANTE ALIGHIERI

La Vita nova



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La Vita nuova (Vita nova) è la prima opera di attribuzione certa di Dante Alighieri, scritta tra il 1293 ed il 1294. Si tratta di un prosimetro nel quale sono inserite 31 liriche (25 sonetti, 1 ballata, 5 canzoni) e 42 capitoli. Non si conoscono con precisione gli anni di composizione della Vita nuova, nonostante sia stata presumibilmente allestita tra il 1292 e il 1293. Lo stesso Dante, però, ci testimonia che il testo più antico risale al 1283, quando egli aveva diciotto anni, e che il più tardo risale al giugno del 1291, anniversario della morte di Beatrice. Altri sonetti sono probabilmente assegnabili al 1293 (in ogni caso le poesie non possono essere datate oltre il 1295): si può dunque ipotizzare con relativa certezza che le diverse componenti dell'opera sono frutto del lavoro di circa un decennio, culminato nella stesura vera e propria dell'opera in questione. Il testo che ne risulta è quindi una sorta di assemblaggio delle diverse poesie scritte in varie fasi delle vita di Dante e che vengono così riunite in una sola opera (appunto la Vita Nuova) a partire dal 1290, anno di morte di Beatrice. La Vita nuova, nell'edizione critica curata da Michele Barbi per la Società Dantesca Italiana nel 1907 e rivista nel 1932, si è basa su circa quaranta manoscritti. Oltre a quelli principali, nel XX secolo, sono stati ritrovati altre parti del testo, come il Frammento Trespiano (Ca); nell'insieme, l'opera risulta composta da 42 capitoli e 31 liriche, La composizione, sotto il profilo dei contenuti, si apre con un brevissimo proemio. In esso Dante sviluppa il concetto di memoria (il libro della memoria) in quanto magazzino di ricordi che permette di ricostruire la realtà non in ogni suo dettaglio, ma con una visione di insieme, ricordando cioè l'avvenimento generale. Si può semplificare la trama dell'opera in tre momenti fondamentali della vita dell'autore: una prima fase in cui Beatrice gli concede il saluto, fonte di beatitudine e salvezza, una seconda in cui ciò non gli è più concesso, cosa che arreca in Dante una profonda sofferenza (dove Dante non vuole più ottenere da Beatrice qualcosa in cambio, ma semplicemente un amore fine a sé stesso), una terza in cui Beatrice muore e il rapporto non è più tra il poeta e la donna amata, ma tra il poeta e l'anima della donna amata. Dante narra di incontrare per la prima volta Beatrice quand'egli aveva appena nove anni e nove mesi e lei nove anni e tre mesi (il numero nove, evidente richiamo alla Trinità appare diverse volte nell'opera: rappresenta il miracolo), e qui inizia la "tirannia di Amore" che egli stesso indica come causa dei suoi comportamenti. Rivedrà poi la sua "musa" all'età di diciotto anni (1283) e dopo aver sognato Dio Amore mentre tiene in braccio Beatrice che piangendo mangia il suo cuore, compone una lirica in cui chiede ai poeti la spiegazione di tale sogno allegorico. La risposta più puntuale, anche in vista degli sviluppi futuri, gli viene dal suo "primo amico" Guido Cavalcanti, il quale vede nel sogno un presagio di morte per la donna di Dante. Per non compromettere Beatrice, finge di corteggiare due altre donne dette dello "schermo" indicategli da Amore, e soprattutto dedica a loro i suoi componimenti. Beatrice, venuta a conoscenza delle "noie" (il termine è variamente interpretato) arrecate dal Poeta alle donne, non gli concede più il suo saluto salvifico. A questo punto ha inizio la seconda parte del prosimetro in cui Dante si prefigge di lodare la sua donna. In questa Morta Beatrice nel 1290, e conclusasi la seconda parte, dopo un periodo di disperazione, di cui non si forniscono numerosi dettagli, il poeta è attratto dallo sguardo di una "donna gentile". Ben presto Dante comprende che l'interesse per questa nuova donna va allontanato e soffocato, poiché solo attraverso l'amore per Beatrice potrà raggiungere Dio. Ad aiutarlo in questa riflessione è il passaggio in Firenze di alcuni pellegrini diretti a Roma, che simboleggiano il pellegrinaggio intrapreso da ogni uomo verso la gloria dei cieli. Una visione gli mostra Beatrice nella gloria dei cieli e il poeta decide di non scrivere più di costei prima di esser divenuto in grado di parlarne più degnamente, ovvero di dirne "ciò che mai non fue detto d'alcuna". L'ultimo capitolo, in cui questa necessità è esposta, viene considerato una prefigurazione della Commedia. Beatrice è una figura angelica, circonfusa da un'aura di sacralità, che dalla sua prima apparizione avvince Dante e lo purifica, elevandone i sentimenti, e che riesce a riportarlo allo stesso livello di salute spirituale anche dopo morta, mantenendovelo per sempre: la sua funzione supera perciò la breve esperienza d'amore caratteristica degli altri poeti dello stilnovo, per diventare fondamento di eterna salvezza. I capitoli in prosa rappresentano da un lato la narrazione vera e propria e dall'altro servono da spiegazione dei componimenti lirici. Le liriche furono scelte fra quelle che Dante aveva composto (a partire dal 1283) in onore di diverse figure femminili e, soprattutto, per la stessa Beatrice; in seguito vennero poi composte le parti in prosa. Natalino Sapegno scrive: «Oltre gli esempi, non rari nella letteratura medievale da Boezio in poi, di opere miste di prosa e versi, le vida e le razó compilate in margine ai testi poetici provenzali, costituiscono un modello più vicino e pertinente di questo narrare dantesco; salvo che qui la materia è autobiografica, sentita liricamente e non in forma aneddotica, e la struttura del racconto di gran lunga più organica e tutta ordinata secondo un concetto personale. Inoltre a ogni lirica segue o precede una "divisione", svolta secondo i procedimenti dell'esegesi medievale, e specialmente di quella applicata alle Sacre Scritture» Natalino Sapegno Il titolo "Vita Nuova" significa vita rinnovata e purificata dall'amore. Nella struttura dell'opera è evidente l'influsso dei canzonieri provenzali e dei libri poetici degli autori classici (soprattutto i Remedia Amoris ovidiani). Il titolo ha diversi significati, in primo luogo indica la vita giovanile. A questo si aggiunge però il significato più profondo di una vita rinnovata dalla presenza miracolosa di Beatrice e dell'amore. Né si può escludere che Dante abbia voluto alludere alla novità e all'originalità dell'opera. Di recente, dopo la nuova edizione a cura di Guglielmo Gorni, che riproponeva la valenza del titolo "vita rinnovata dall'amore", è stato segnalato da Alberto Casadei che "vita nova" è sintagma presente in Agostino, Tommaso e altri padri della Chiesa, e l'espressione "incipit vita nova" può rinviare a una forma di iniziazione spirituale (battesimo per Spirito Santo), che il protagonista riceve attraverso l'incontro con Beatrice, anche se di ciò si renderà conto solo al termine dell'opera. Di seguito è riportato l'elenco delle 31 liriche inserite nella Vita Nuova, con riferimento al capitolo in cui esse sono contenute e al tipo di componimento. La critica ha individuato un certo numero di fonti e modelli a cui Dante si è più o meno palesemente ispirato per la composizione della Vita Nuova. Nel libello di Dante si può ben evidenziare il sincretismo culturale dell'autore, in quanto vi si rielabora l'eredità della civiltà classica e cortese per dare una valorizzazione filosofica e formale della civiltà religiosa; egli inoltre tende ad una valorizzazione etica e spirituale degli scrittori antichi e moderni, adottando un punto di vista pienamente cristiano. Nel primo capitolo Dante afferma che è suo proponimento quello di trascrivere (assemplare) le parole (probabilmente le rime) di una rubrica intitolata: Incipit Vita Nova. La critica oscilla tra valore letterale e allegorico nell'interpretazione di queste parole ineffabili. Tuttavia è l'allegoria, intesa come "vita rinnovata da un amore eccezionale ed altissimo per Beatrice", il significato che si ritiene più consono al contenuto dell'opera. La distribuzione interna dei singoli componimenti poetici è stata comunque tutta rimaneggiata dall'autore per la composizione del 'libello'. Partendo perciò dal presupposto che, riguardo alla biografia dantesca e i suoi rapporti con l'ambiente fiorentino sappiamo ben poco, essendo necessario fare i conti con queste mancanze, si può tuttavia accettare l'interpretazione del libello in chiave letteraria o meglio, meta letteraria.