Il dramma della seconda guerra mondiale e le difficoltà della ricostruzione inducono anche nei poeti nuovi interrogativi e una maggiore attenzione verso la realtà. Il nuovo orizzonte ideologico e culturale porta anzitutto al tentativo di dar vita a una corrente neorealista anche in poesia; tuttavia, i risultati più importanti si devono a poeti legati ancora alla tradizione lirica novecentesca. In questi decenni prosegue l'attività di Saba e Montale, che come è noto pubblicano importanti raccolte. Accanto a loro si affermano però nuove voci. La poesia del Novecento non presenta caratteri di omogeneità, e per questo motivo i critici letterari si sono divisi sui criteri da adoperare per analizzarla. Luciano Anceschi ha proposto di distinguere tra una poesia degli oggetti, legata all'esperienza di Montale, e una poesia dell'analogia, affine alla poetica ungarettiana. Esiste però anche un'altra interpretazione, secondo cui vi sarebbero una linea sabiana, che comprende poeti come Betocchi, Bertolucci, Penna, Caproni, Giudici; e una linea novecentista, erede di Montale e Ungaretti, a cui si riconducono Luzi, Sereni e altri. È bene però non attribuire a queste classificazioni un valore assoluto, poiché ogni autore presenta caratteristiche differenti e originali. Si può comunque parlare, in termini generali, di un superamento dell'ermetismo attraverso una «strenua fedeltà al carattere conoscitivo della poesia», intesa come esperienza totale e segno del rapporto tra io e mondo. La poesia diventa più discorsiva, dinamica, e il linguaggio diventa più comunicativo, tende a coinvolgere un pubblico più largo e arriva ad accogliere elementi narrativi tipici del parlato. Nel corso del Novecento si è assistito allo sviluppo di una nuova poesia dialettale, che superando i modelli del verismo ha portato a risultati molto elevati. Si tratta per lo più di autori appartati, che verranno riscoperti e valorizzati negli anni cinquanta e sessanta grazie all'impulso dato da Pasolini. Per questi poeta la scelta del dialetto è un modo per uscire dal movimento distruttivo della storia, dalla consunzione della lingua letteraria tradizionale, e di esprimere sentimenti autentici di cui la lingua comune non è più capace. La poesia dialettale consentiva quindi di recuperare il sublime attraverso una via diversa da quella battuta dalla lirica moderna. All'inizio del secolo i risultati più significativi arrivano dall'area della Venezia Giulia, grazia ad autori come Virgilio Giotti (pseudonimo di Virgilio Schönbeck; Trieste, 15 gennaio 1885 – Trieste, 21 settembre 1957) e Biagio Marin (Grado, 29 giugno 1891 – Grado, 24 dicembre 1985). Il milanese Delio Tessa (Milano, 18 novembre 1886 – Milano, 21 settembre 1939) nelle sue poesie parla della realtà nella città lombarda, dei suoi oggetti e delle sue atmosfere. I suoi componimenti, raccolti nei volumi L'è el dí di mort, alegher! (1932) e De là del mur (1947, postuma), presentano una continua frammentazione di ritmo e linguaggio, un insieme di pezzi del mondo cittadino che finiscono per dare voce a una danza macabra. La poesia di Giacomo Noventa (pseudonimo di Giacomo Ca' Zorzi; Noventa di Piave, 31 marzo 1898 – Milano, 4 luglio 1960) ricorre al dialetto veneziano come forma di polemica contro la modernità, utilizzandolo come lingua nobile per esprimere riserve contro la sopravvalutazione delle scelte umane. È inoltre un intellettuale dotato di una vasta cultura internazionale, lontano dall'idealismo e dall'ermetismo; antifascista, fonderà a Firenze La Riforma letteraria nel 1936. Anche nel secondo dopoguerra si registra il ritorno al dialetto come lingua poetica, incoraggiato, come già ricordato, da Pasolini. Il dialetto continua a rappresentare una fuga dalla modernità alla riscoperta di una realtà originaria pura, estranea alla trasformazioni dell'età industriale. In questo modo, però, il dialetto perde la sua funzione comunicativa per diventare una lingua astratta e artificiale. Tra gli autori inquadrabili in questo filone si ricordano Ignazio Buttitta (Bagheria, 19 settembre 1899 – Bagheria, 5 aprile 1997), Tonino Guerra (Santarcangelo di Romagna, 16 marzo 1920 – Santarcangelo di Romagna, 21 marzo 2012), Albino Pierro (Tursi, 19 novembre 1916 – Roma, 23 marzo 1995), Franco Loi (Genova, 21 gennaio 1930).