La letteratura italiana durante il fascismo, nel periodo compreso tra prima e la seconda guerra mondiale per l'Italia, fu influenzata da quel regime autoritario, fenomeno politico che ha inciso profondamente su ogni aspetto della società e quindi anche sulla cultura e sulla letteratura.
Alla sua nascita nel 1919 il movimento fascista ebbe il sostegno di intellettuali come Marinetti, D'Annunzio, Toscanini, Ungaretti. Affondava le sue radici nell'interventismo dove in campo letterario erano emersi autori come Scipio Slataper e Filippo Corridoni, e nel futurismo, prima e più consapevole avanguardia letteraria in Italia. Guelfo Civinini (secondo in piedi da destra) tra Massimo Bontempelli e Silvio D'Amico, dietro a Luigi Pirandello, a una Fiera del libro (Montecatini, anni '30). Si riconoscono anche, tra le fisionomie più note, Marinetti, Trilussa e Lucio D'Ambra (quinto, sesto e nono da destra in piedi). Seduta al centro in prima fila, la scrittrice Paola Masino. La letteratura italiana nel primo Novecento è fortemente influenzata, più ancora che in altri secoli, da fattori storico-politici e socioculturali in genere. Sul versante socio-culturale ebbe grande influenza il filosofo e critico Benedetto Croce, tra i pochissimi intellettuali a rimanere indipendente dal fascismo a differenza del suo collega Giovanni Gentile. Tuttavia si deve sottolineare che anche sotto il regime fascista rimase vivace l'interesse per il confronto letterario, grazie soprattutto alle riviste fiorentine, come Solaria, alla quale collaboravano autori quali Eugenio Montale o Carlo Emilio Gadda o le riviste letterarie di Mino Maccari e Leo Longanesi. Insieme alla consacrazione di Luigi Pirandello, Premio Nobel per la letteratura nel 1934, emersero scrittori come Antonio Baldini, Curzio Malaparte, Massimo Bontempelli. Divenuto regime nel 1925, dopo l'omicidio Matteotti, il fascismo tentò di controllare l'intera società italiana in ogni sua manifestazione, allo scopo di costruire una solida base di consenso. Benito Mussolini si circondò di uomini fidati, cui furono affidate le funzioni culturali più importanti nell'organizzazione dello Stato. Dopo il 1926 la resistenza al Fascismo diventò un crimine contro lo Stato, punito con il carcere, il confino o l'esilio; vennero presi, inoltre, provvedimenti che sopprimevano la libertà di stampa e quindi impedivano l'autonomia dell'espressione del pensiero e delle attività intellettuali. A tutto ciò fece eco una strategia finalizzata a creare il consenso attraverso un'informazione pilotata.L'azione di propaganda si esercitò attraverso i nuovi mezzi di comunicazione di massa, come la radio, il cinema e i giornali. Le attività editoriali e letterarie vennero sottoposte al controllo del Ministero della Cultura Popolare; i funzionari del Ministero dovevano leggere preventivamente ogni opera prima di autorizzarne la pubblicazione. Verso la fine degli anni trenta la censura fu più intransigente. Venne censurato il romanzo di Carlo Bernari Tre operai, per i contenuti sociali e politici; anche L'uomo è forte (1938) di Corrado Alvaro venne censurato poiché il suo contenuto poteva suggerire eventuali confronti con il totalitarismo del regime. Un caso emblematico fu costituito dalla complessa vicenda di pubblicazione di Americana, un'antologia di scrittori statunitensi preparata da Elio Vittorini . L'opera, nel 1939 già interamente impaginata e pronta per essere pubblicata, venne fermata e poté uscire solo nel 1942 a condizione che le pagine scritte da Vittorini venissero eliminate. Questo caso può spiegarsi con il clima ormai esasperato della guerra, ma i presupposti risalivano a molto tempo prima. Nel dopoguerra, per le sue posizioni filoamericane in letteratura, Vittorini subirà la censura interna di Togliatti durante la direzione della rivista Il Politecnico, tra gli organi di stampa ufficiali del PCI. Il culto dell'italianità aveva indotto a guardare con sospetto le esperienze culturali provenienti da altri paesi, soprattutto verso Russia e Stati Uniti. Il regime boicottò anche il nuovo genere di massa, il romanzo giallo; non fu una vera e propria proibizione, ma le parole di condanna pronunciate da uomini di cultura non lasciano dubbi. Uno dei pochi autori, che si cimentarono in questo genere fu Alessandro Varaldo, il quale, attraverso la figura di un investigatore che catturava i colpevoli e forniva modelli pratici di comportamento fascista, propose di “italianizzare” il nuovo genere. La difesa dell'italianità si trasformò in una sempre più miope affermazione di un autarchia, determinando un soffocante clima di caccia alle streghe. Uno dei provvedimenti presi in questa direzione fu la lotta contro le parole straniere, di cui si propose l'abolizione e la sostituzione con termini equivalenti. L'affermazione del fascismo poté, però, ben presto contare sul massiccio appoggio degli intellettuali, come il filosofo Giovanni Gentile. Gentile fu promotore nel 1925 del Manifesto degli intellettuali fascisti, con cui i numerosi firmatari garantivano l'appoggio e l'approvazione al regime. Tra i firmatari poeti e scrittori come Ungaretti, Pirandello, Marinetti, Malaparte, D'Annunzio, Ardengo Soffici. L'adesione degli intellettuali al fascismo presenta, sul piano culturale, motivazioni diverse. Gabriele D'Annunzio poteva rappresentare un modello illustre, al quale si ispirò anche lo stesso Mussolini. Contraddittorio è il rapporto stabilito con il fascismo da Filippo Tommaso Marinetti; egli nonostante le convinzioni nazionalistiche e totalitarie, si scontrò con l'inconciliabilità fra l'ordine politico imposto da Mussolini e il disordine programmatico su cui si basava invece il Futurismo. Dopo l'assassinio di Giacomo Matteotti, nel momento in cui il fascismo risultò fortemente indebolito davanti all'opinione pubblica, Luigi Pirandello aderì, e firmò il manifesto degli intellettuali fascisti. Si ebbe la consacrazione di Pirandello con il Premio Nobel per la letteratura nel 1934. Lo stesso riconoscimento nel 1926 era stato assegnato a Grazia Deledda. L'opera di Pirandello, comunque sarà sempre lontana da ogni forma di compromesso con le scelte politiche di quegli anni. Altrettanto netto è il distacco fra le convinzioni fasciste di Giuseppe Ungaretti e il carattere del tutto apolitico della sua poesia. Non vanno dimenticati Giovanni Papini, Ardengo Soffici, Giuseppe Prezzolini, Vincenzo Cardarelli, gli animatori di riviste letterarie come Mino Maccari, Leo Longanesi e Berto Ricci, lo scrittore Curzio Malaparte e il critico letterario Emilio Cecchi (che dopo aver firmato il manifesto antifascista di Croce assunse posizioni divergenti venendo anche eletto all'Accademia d'Italia). L'unico intellettuale non fascista che godette di un trattamento particolare fu Benedetto Croce, filosofo idealista (come il fascista Giovanni Gentile), sottoposto ad un persistente controllo, ma il fascismo non ebbe mai il coraggio di perseguitarlo o colpirlo direttamente, per l'altissimo prestigio. Croce poté così proseguire la sua attività di studioso, a patto che non intervenisse e interferisse direttamente su questioni di carattere politico. Un ruolo significativo, nell'elaborazione e nella diffusione degli atteggiamenti culturali del periodo tra le due guerre, lo ebbero le riviste. Un ruolo centrale venne svolto dalla rivista fiorentina Solaria, fondata da Alberto Carocci nel 1926. Fu una rivista del tutto indipendente dai condizionamenti del potere politico, ed ebbe come vocazione la diffusione di un gusto per la narrativa della memoria e contribui alla diffusione dell'Ermetismo. Grande merito ebbe, inoltre, per la pubblicazione di autori stranieri, sconosciuti al pubblico italiano (Joyce, Kafka, Proust ). Un diretto rapporto con la politica lo ebbe, invece, la rivista Il Selvaggio. Fu fondata da Mino Maccari, il quale le diede un taglio polemico e satirico, utilizzando anche il disegno e la grafica. La rivista rappresentava il movimento, comunemente definito, Strapaese, che sostiene il carattere rurale e paesano della cultura italiana, rifiutando polemicamente la cultura straniera e moderna. Tutto ciò venne identificato con lo spirito del nascente fascismo e per questi motivi fu portavoce di alcuni manifesti fascisti. Al movimento di Strapaese si oppose il movimento di Stracittà, che criticava la fedeltà alla tradizione, proponendo un'arte popolare ma moderna, calata in una dimensione urbana ed industriale. Il movimento di Stracittà ebbe il suo organo nella rivista “900”, fondata e diretta a Roma da Massimo Bontempelli.
MATERIALI
http://www.treccani.it/enciclopedia/lingua-del-fascismo_%28Enciclopedia-dell%27Italiano%29/