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Libro

Italiano V [PROGRAMMA]

13. GABRIELE D'ANNUNZIO

13.2. Il trionfo della morte

Trionfo della morte è un romanzo del 1894 di Gabriele D'Annunzio scritto nell'arco di quasi cinque anni (dal 1889 al 1894). Si tratta dell'ultimo della cosiddetta trilogia de I Romanzi della Rosa, di cui fanno parte anche i precedenti Il Piacere (1889) e L'Innocente (1892). Il romanzo era inizialmente dedicato a Giosuè Carducci], ma poi finì con l'essere dedicato all'amico pittore Francesco Paolo Michetti, nel cui studio (convento Michetti) D'Annunzio riuscì a terminare la stesura dell'opera.

Il Trionfo della morte è un chiaro esempio di romanzo psicologico, nel quale l'alternarsi delle vicende cede il posto a una perpetua analisi introspettiva della coscienza del protagonista, Giorgio Aurispa. Il romanzo, che si apre con un passo dell'Al di là del bene e del male di Friedrich Nietzsche nell'esergo, sviluppa il tema del superomismo, così come interpretato dall'allora trentunenne D'Annunzio. L'opera fu avviata nel 1889, contemporaneamente alla stesura de Il Piacere. Inizialmente intitolato L'Invincibile, il romanzo venne pubblicato a puntate, tra il gennaio e il marzo 1890, sul settimanale La Tribuna illustrata di Roma; tuttavia, questa prima bozza dell'opera rimarrà incompiuta per mancanza di materiale (verranno pubblicati solo i primi 16 capitoli). Sempre nello stesso periodo D'Annunzio incontrò Barbara Leoni, con la quale prese una casa sul cosiddetto promontorio dannunziano, presso San Vito Chietino, luogo dove si svolgeranno anche le vicende dei protagonisti raccontati. Molto del romanzo è stato preso dalle esperienze che D'Annunzio visse con la sua amante Barbara Leoni nei due mesi che trascorsero là, come i luoghi, le abitudini e le superstizioni della gente del luogo, perfino l'episodio lugubre del bambino annegato (a cui D'Annunzio assistette veramente), così come quello del pellegrinaggio a Casalbordino; inoltre, sono presenti anche molte citazioni di frasi presenti nelle lettere che i due amanti si scambiarono nel corso della loro relazione. Dopo diverse interruzioni e successive riprese, finalmente il romanzo venne pubblicato, inizialmente a puntate, nelle appendici del quotidiano Il Mattino di Napoli tra il 3 febbraio e l'8 settembre 1893 e tra il 21 aprile e il 7 giugno 1894, per poi uscire in volume nel maggio 1894, pubblicato dall'editore Treves di Milano.

Il protagonista del romanzo, Giorgio Aurispa, è il tipico eroe decadente dannunziano: esteta, inetto, malato di una spiccata sensibilità emotiva che gli fa disprezzare e rifiutare la mediocrità della vita; un individuo debole e introspettivo, per il quale la realtà umana si rivela senza speranza, vuota e inutile. Egli diventa il simbolo della condizione negativa dell'uomo moderno, incapace di aderire vitalmente all'esistenza a causa di una imperterrita analisi intellettuale delle cose. Persino l'amore per Ippolita non è capace di dare alcuna consolazione e, anzi, nell'ultima parte del romanzo diventa l'ostacolo primario che impedisce al protagonista di elevarsi. Nell'opera D'Annunzio riunisce nella prima sequenza di Guardiagrele i temi cari al decadentismo, ossia il culto dell'arte antica, che nella città ha il suo simbolo nel Duomo, e le tristi vicende di degrado della nobile famiglia del protagonista. Il tema della morte domina in tutto il romanzo, facendosi protagonista a seguito del colloquio col padre, episodio che spinge Giorgio Aurispa al primo tentativo di suicidio, poi fallito; è a partire da questo momento che, sentendo la minaccia della morte incombere e premere su di lui, il protagonista cerca di trovare di volta in volta un diverso metodo filosofico di risposta: la vitale passione per Ippolita (rivelatasi inutile e, anzi, dannosa), poi il ritorno alle origini e alla terra natìa, che lo portano a tentare di abbracciare uno stile di vita semplice e di identificarsi con la natura benigna (panismo), in cui il protagonista manifesta sensazioni di sublime contemplazione (infatti, secondo Giorgio-D'Annunzio, chi vive a stretto contatto con la natura, in perfetta armonia con essa, si allontana da quelle meditazioni intellettuali tipiche dell'uomo moderno che provocano un distacco dal vivere naturale, armonioso e semplice), infine il rifugio nel misticismo religioso dove, però, le miserie fisiche degli abitanti (evidenti nell'episodio del macabro pellegrinaggio di Casalbordino alla Madonna dei Miracoli) e la superstizione popolare (come l'episodio del bambino ucciso dalle streghe), caratterizzanti il mondo ancestrale e primordiale abruzzese (e in cui Giorgio confidava come possibile via d'uscita), alla fine non rivela possibile alcun riscatto e alcuna possibilità di salvezza. Anche Ippolita, nel cui vitale amore il protagonista confida come ennesimo tentativo di scampo, finisce col deluderlo a causa di una curiosità e attrazione verso le tradizioni abruzzesi che la rendono troppo vicina alla mediocrità popolare, contribuendo a portare alla rottura del rapporto amoroso. Tutti questi tentativi, quindi, si rivelano fallimentari e spingono il protagonista-esteta a cercare una nuova via di sopravvivenza per non soccombere al richiamo della morte e, quindi, alla sconfitta. Nella seconda sequenza del romanzo il protagonista si identifica pienamente con la teoria superomistica del filosofo tedesco Friedrich Nietzsche in un clima di apparente calma, come una sorta di nido protettivo, presso il promontorio sanvitese della costa dei Trabocchi. In quest'ultima fase Giorgio Aurispa diventa l'alter-ego di D'Annunzio, un personaggio che, come lui, può sopravvivere soltanto in un contesto culturale alto (è per questo che si trasferisce nella Roma artistica e intellettuale, dando un taglio netto con la vita di provincia della sua terra d'origine, priva di prospettive e raffinatezze intellettuali) e che, come lui, anela ad incarnarsi nella figura superomistica nietzschiana (seppure dandone un'interpretazione personale), vista come unica possibilità di riscatto dalla mediocrità umana. In sostanza, quello descritto nel Trionfo della morte diventa il tentativo letterario di D'Annunzio, seppur qui fallimentare (mentre sarà pienamente realizzato nel romanzo successivo Le vergini delle rocce attraverso il protagonista Claudio Cantelmo), di creare un personaggio che vive sì nel culto dell'arte e della bellezza come l'esteta decadente, ma a differenza di quest'ultimo, si manifesta energico, eroico e dominante, libero da ogni morale, e per questo in grado di raggiungere un'elevazione intellettuale altrimenti negata.

 

 

MATERIALI

http://www.treccani.it/enciclopedia/gabriele-d-annunzio/

https://youtu.be/VEBNLYUEBVY