Giovanni Boccaccio (Certaldo, 16 giugno1313 – Certaldo, 21 dicembre1375) è stato uno scrittore e poetaitaliano. Conosciuto anche per antonomasia come il Certaldese, fu una delle figure più importanti nel panorama letterario europeo del XIV secolo. Alcuni studiosi (tra i quali Vittore Branca) lo definiscono come il maggior narratore europeo del suo tempo, uno scrittore versatile che amalgamò tendenze e generi letterari diversi facendoli confluire in opere originali, grazie a un'attività creativa esercitata all'insegna dello sperimentalismo. La sua opera più celebre è il Decameron, raccolta di novelle che nei secoli successivi fu elemento determinante per la tradizione letteraria italiana, soprattutto dopo che nel XVI secoloPietro Bembo elevò lo stile boccacciano a modello della prosa italiana. L'influenza delle opere di Boccaccio non si limitò al panorama culturale italiano ma si estese al resto dell'Europa, esercitando influsso su autori come Geoffrey Chaucer, figura chiave della letteratura inglese, o più tardi su Miguel de Cervantes, Lope de Vega e il teatro classico spagnolo. Boccaccio, insieme a Dante Alighieri e Francesco Petrarca, fa parte delle cosiddette «Tre corone» della letteratura italiana. È inoltre ricordato per essere uno dei precursori dell'umanesimo, del quale contribuì a gettare le basi presso la città di Firenze, in concomitanza con l'attività del suo contemporaneo amico e maestro Petrarca. Fu anche colui che diede inizio alla critica e filologia dantesca: Boccaccio si dedicò a ricopiare codici della Divina Commedia e fu anche un promotore dell'opera e della figura di Dante. A Boccaccio si deve infatti l'epiteto divina, attributo con cui è divenuta nota la Commedia. La figura di Boccaccio, sia umana sia letteraria, rappresenta un ponte tra il medioevo e l'età moderna. Attratto, da un lato, verso il mondo medievale per il suo attaccamento alla città natale e ai valori dell'età di mezzo, dall'altro il suo ottimismo e la sua fiducia nelle potenzialità dell'essere umano lo portano già ad essere un protoumanista quale il suo maestro Petrarca. Al contrario di quest'ultimo, infatti, Boccaccio si rivelò sempre attaccato alla città natale Firenze, rivelando un'affinità straordinaria con l'atteggiamento dantesco. Comunque, se Dante si considerava come figlio dell'amata Firenze, tanto da non riuscire a lenire il dolore col passare degli anni, Boccaccio sentì la lontananza anche di Napoli, la città della giovinezza, rivelando quindi una maggiore apertura culturale e sociale rispetto all'Alighieri. Boccaccio dimostrò una sensibilità moderna nell'affrontare le vicende umane, legate alla volubile fortuna, dandole un'ottica decisamente più "laica" rispetto a Dante: da qui, Francesco De Sanctisgiunse a definire Boccaccio come il primo scrittore distaccato dalla mentalità medievale. Al contrario il maggiore studioso di Boccaccio del XX secolo, Vittore Branca, nel suo libro Boccaccio medievale, tese a rimarcare la mentalità medievale del Certaldese, su cui si basano i valori, le immagini e le scene delle novelle. Uno dei massimi filologi italiani del XX secolo, Gianfranco Contini, espresse il medesimo giudizio e chiosò dicendo che «oggi il Boccaccio appare per un verso di cultura medievale e retrospettiva, per un altro buon deuteragonista italiano di quel movimento aristocratico che fu l'Umanesimo» Nella produzione del Boccaccio si possono distinguere le opere della giovinezza, della maturità e della vecchiaia. La sua opera più importante e conosciuta è il Decameron. Tra le sue prime opere del periodo napoletano vengono ricordate: Caccia di Diana (1334 circa), Filostrato (1335), il Filocolo (1336-38), Teseida (1339-41). Tra le opere scritte durante la sua permanenza nella borghese Firenze emergono La Comedia delle Ninfe fiorentine (o Ninfale d'Ameto) del 1341-1342, L'Amorosa visione (1342-1343), la Elegia di Madonna Fiammetta (1343-1344) e il Ninfale fiesolano (1344-1346). Le opere della giovinezza riguardano il periodo compreso tra il 1333 e il 1346. Il capolavoro di Boccaccio è il Decameron, il cui sottotitolo è Il principe Galeotto (ad indicare la funzione che il libro avrà di intermediario tra amanti) e il cui titolo fu ricalcato dal trattato Exameron di sant'Ambrogio. Il libro narra di un gruppo di giovani (sette ragazze e tre ragazzi) che, durante l'epidemia di peste del 1348, incontratisi nella chiesa di Santa Maria Novella, decidono di rifugiarsi sulle colline presso Firenze. Per due settimane l'«onesta brigata» si intrattiene serenamente con passatempi vari, in particolare raccontando a turno le novelle, raccolte in una cornice narrativa dove si intercavallano più piani narrativi: ciò permette al Boccaccio di intervenire criticamente su varie tematiche connesse ad alcune novelle che già circolavano liberamente. I nomi dei dieci giovani protagonisti sono Fiammetta, Filomena, Emilia, Elissa, Lauretta, Neifile, Pampinea, Dioneo, Filostrato e Panfilo. Ogni giornata ha un re o una regina che stabilisce il tema delle novelle; due giornate però, la prima e la nona, sono a tema libero. L'ordine col quale vengono decantate le novelle durante l'arco della giornata da ciascun giovane è prettamente casuale, ad eccezione di Dioneo (il cui nome deriva da Dione, madre della dea Venere), che solitamente narra per ultimo e non necessariamente sul tema scelto dal re o dalla regina della giornata, risultando così essere una delle eccezioni che Boccaccio inserisce nel suo progetto così preciso e ordinato. L'opera presenta invece una grande varietà di temi, di ambienti, di personaggi e di toni; si possono individuare come centrali i temi della fortuna, dell'ingegno, della cortesia e dell'amore. Il Decameron è, secondo le parole del padre della storiografia letteraria italiana Francesco De Sanctis, «la terrestre Commedia»: in essa Boccaccio dimostra di aver saputo magistralmente affrescare l'intero codice etico dell'essere umano, costretto ad affrontare situazioni in cui si richiede l'ingegno per superare le difficoltà poste dalla Fortuna. In Boccaccio, ormai, è completamente svincolata da forze sovrannaturali (come nel caso di Dante, che riflette sulla Fortuna nel VII canto dell'Inferno), lasciandola gestire e affrontarla dal protagonista. La narrazione di tematiche erotiche o sacrileghe (come per esempio quelle relative alla novella di Ferondo in Purgatorio, o di Masetto da Lamporecchio) non sono giudicate moralmente dall'autore, che invece guarda con sguardo neutrale quanto possa essere ricca e variegata l'umanità. Giudizio ancor più comprensibile alla luce dei valori "laici" portati nella narrativa da un esponente della classe mercantile e borghese del '300, perdipiù figlio naturale di uno di quei mercanti che popolano questa commedia umana.