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Libro

Italiano III

Benozzo Gozzoli, Francesco d'Assisi e il sultano Al-KamiL. Montefalco, Complesso museale di San Francesco.scena del ciclo di affreschi sulla vita del Santo (1452 ca)
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Francesco Petrarca manifestò, fin da quando era un giovane esule italiano ad Avignone, un profondo amore per i classici latini, comprando sul mercato dell'antiquariato codici preziosi e cercando di ricostruire i tasselli dei poemi epici, da lui tanto amati, in collazioni che ne potessero ricostruire l'integrità originale. Ammiratore di Cicerone, di Virgilio e di Tito Livio, nel corso della sua vita l'Aretino consultò da cima a fondo le più importanti biblioteche capitolari dell'Europa cristiana, nella speranza di ritrovare quel patrimonio librario e spirituale da lui tanto amato. Grazie ai numerosi viaggi in qualità di rappresentante della famiglia Colonna, Petrarca ebbe importanti legami umani ed epistolari con quei dotti che avevano accolto la sua proposta culturale, giungendo a estendere la sua rete a livello europeo: Matteo Longhi, erudito arcidiacono della Cattedrale di Liegi; Dionigi di Borgo San Sepolcro, erudito agostiniano operante prima ad Avignone e poi in Italia; il colto re di Napoli Roberto d'Angiò; il politico veronese Guglielmo da Pastrengo, chiave per la lettura delle Epistole ad Attico di Cicerone nella Biblioteca capitolare di Verona. Poi, durante le sue peregrinazioni in Italia, Petrarca attirò a sé altri intellettuali di varie regioni italiane, costituendo dei nuclei "proto-umanistici": Milano con Pasquino Cappelli; Padova con Lombardo della Seta; e infine Firenze.
Francesco Petrarca è uno dei fondatori dell'umanesimo. La netta spaccatura che egli operò rispetto al passato in materia filosofica e letteraria produsse la nascita di quel movimento rivoluzionario che spingerà la nuova élite intellettuale ad affermare la dignità dell'uomo in base alle proprie capacità intrinseche, l'autonomia identitaria della cultura classica e l'uso di quest'ultima per costruire un'etica in netta contrapposizione con la Scolastica di stampo aristotelico, vista come lontana dal proposito di indagare la natura dell'anima umana. Lo studio di tale identità deve portare a una vivificazione dell'antico, consistente nello studio e culto della parola (vale a dire la filologia), da cui parte la comprensione dell'antichità classica con tutti i suoi valori etici e morali.
Conoscendo la mentalità degli antichi, resa possibile attraverso una titanica ricerca di manoscritti in tutte le biblioteche capitolari europee, Petrarca e gli umanisti poterono dichiarare che la lezione morale degli antichi fosse una lezione universale e valida per ogni epoca: l'humanitas di Cicerone non è diversa da quella di un sant'Agostino, in quanto esprimono gli stessi valori, quali l'onestà, il rispetto, la fedeltà nell'amicizia e il culto della conoscenza. Benché Petrarca e gli antichi fossero separati, con grande dispiacere del primo, dalla conoscenza del messaggio cristiano e quindi dal battesimo, Petrarca superò la contraddizione tra il "paganesimo" e la sua fede «attraverso la meditazione morale, che gli rivela una continuità tra pensiero antico e pensiero cristiano».
 
 
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