Plutarco nacque a Cheronea, in Beozia, intorno al 46 d.C., si suppone da una famiglia ricca. Il padre, secondo alcuni, è identificabile con uno degli interlocutori del De sollertia animalium, un certo Autobulo, secondo altri con un tale Nicarco; tuttavia il filologo Wilamowitz e, con lui la maggior parte degli studiosi, ritengono che ogni ipotesi sia completamente indimostrabile. Si suppone, comunque, che tenesse molto alla formazione del figlio – il quale più volte ne cita i consigli – e che fosse abbastanza colto.
Plutarco ricordava con stima il fratello Lampria e il bisnonno Nicarco, vissuto ai tempi delle guerre civili tra Ottaviano e Marco Antonio.
Nel 60 d.C. si sarebbe stabilito ad Atene dove avrebbe frequentato il filosofo platonico Ammonio e ne sarebbe divenuto il più brillante discepolo. Studiò la retorica, la matematica e la filosofia platonica. Nel 66 d.C. ebbe modo di vedere, durante il suo viaggio greco, l'imperatore Nerone, verso il quale fu sostanzialmente benevolo, probabilmente poiché l'imperatore aveva esentato la Grecia dai tributi. Nello stesso periodo, si pensa abbia acquisito la cittadinanza ateniese e che sia entrato a far parte della tribù Leontide. Visitò poi Sparta, Tespie, Tanagra, Patre e Delfi. Tornato ad Atene, fu nominato arconte eponimo, sovrintendente all'edilizia e ambasciatore presso Acaia. Istituì, inoltre, nella sua casa una specie di Accademia impostata sul modello ateniese.
Nel 70 sposò Timossena, una donna di Cheronea colta e di buona famiglia, il cui nome è stato ricavato da una nota occasionale di Plutarco stesso nella quale sostenne di aver chiamato la figlia come la madre. Da lei ebbe cinque figli, che sostenne di aver allevato personalmente: Soclaro e Cherone (che morirono in tenera età), Autobulo, Plutarco e Timossena, l'unica femmina (anche lei morta giovanissima, a due anni: si legga la lettera che Plutarco indirizzò alla moglie, per consolarla della perdita, contenuta nei Moralia). Si dice che Timossena fosse una donna forte e di grande virtù, molto legata al marito (lo affiancò, per esempio, nelle pratiche liturgiche che il suo ruolo di sacerdote del tempio di Delfi gli imponeva). Pare che abbia scritto un breve trattato sull'amore per il lusso, indirizzandolo all'amica Aristilla.
Plutarco visitò poi l'Asia, tenne conferenze a Sardi e ad Efeso, fece frequenti viaggi in Italia e soggiornò anche a Roma, presso la corte imperiale. Eduard von Hartmann ritiene che visse a Roma tra il 72 e il 92. Certo è che non imparò mai bene il latino e che conobbe l'imperatore Vespasiano, come racconta nel De solertia animalium.
Tenne a Roma molte lezioni ed ebbe il sostegno delle autorità in quanto divenne presto un convinto sostenitore della politica estera romana. Durante questo soggiorno, gli venne concessa la cittadinanza romana e assunse quindi il nomen di Mestrio, in onore del suo amico Lucio Mestrio Floro. Successivamente, ebbe da Traiano la dignità consolare. A Roma conobbe il filosofo e retore Favorino di Arles.
Terminata l'esperienza romana, tornò a Cheronea, dove fu arconte eponimo, sovrintendente all'edilizia pubblica e telearco.
Intorno al 90 d.C. fu eletto sacerdote nel santuario di Apollo a Delfi e nel 117 d.C. l'imperatore Adriano gli conferì la carica di procuratore.
Eusebio racconta che morì forse nel 119, pur se molti indizi portano a date che vanno oltre il 120-125.