Le Argonautiche furono molto ammirate nell'antichità e rappresentano per noi l'unico poema epico greco integro composto tra l'epoca dei poemi omerici e dell'Eneide di Virgilio. L'ammirazione e la fortuna del poema sono rappresentate sia dal notevole numero di papiri (una trentina che vanno dal III a.C. al I d.C.) e di manoscritti medievali (55 manoscritti che oscillano tra il X sec. e il XVI) sia dalle riprese e rielaborazioni tanto in ambito greco quanto in ambito latino. Di non semplice soluzione è il problema delle varianti testimoniate dai papiri (in particolare in P. Oxy. 2700 datato III a.C. e contenente I, 169-174; 202-243) rispetto al testo della tradizione medievale (sull'argomento cfr. G. Schade, P. Eleuteri, The Textual Tradition of the Argonautica, in T.D. Papanghelis, A.Rengakos, A Companion to Apollonius Rhodius, Leiden 2001, pp. 33–39). In estrema sintesi va detto che i manoscritti medievali sono stati suddivisi in tre famiglie m, w, k (questa, in realtà, una sottofamiglia di w). Il più antico manoscritto di Apollonio, che appartiene alla famiglia m, è il Laurentianus gr. 32.9 (960-980 d.C.) che contiene anche le sette tragedie di Eschilo e di Sofocle. Notevole è anche la massa di commenti e scoli al testo di Apollonio. Teone di Alessandria (I sec. a.C.), Lucillo di Tarra (I sec. d.C.) Ireneo e Sofocle (forse II d.C.) realizzarono dei commenti al poema confluiti nei nostri scoli (K. Wendel, Scholia in Apollonium Rhodium vetera, recensuit Carolus Wendel, Berolini apud Weidmannos 1935), mentre si deve al poeta Mariano (V sec. d.C.) una parafrasi (perduta) in giambi. Per quanto concerne la fortuna del poema va detto che sono riscontrabili echi delle Argonautiche nell'Alessandra di Licofrone e nella tarda poesia epica greca (Trifiodoro, Quinto Smirneo, Nonno di Panopoli). Apollonio è anche il modello del poema anonimo Argonautiche orfiche (V d.C.), opera che rappresenta una rielaborazione in chiave orfica del poema ellenistico. Per quanto riguarda gli scrittori latini bisogna ricordare: Publio Terenzio Varrone "Atacino" che fece una traduzione (di cui possediamo solo alcuni frammenti) in lingua latina del poema; Virgilio tenne presente le Argonautiche in particolare nella composizione del IV libro dell'"Eneide", dove la figura di Didone trae esplicitamente spunto dalla Medea di Apollonio, mentre Gaio Valerio Flacco le prese a modello per il suo poema (Argonautica).