Teocrito è considerato il meno artificioso e il più spontaneo dei poeti ellenistici. Certo c'è in lui un sentimento più vero e immediato, un amore più genuino per la vita agreste, ma questa spontaneità è a volte solo un'impressione, dovuta alla brevità e leggerezza delle poesie, alla scelta dagli argomenti, alla rappresentazione di un mondo cittadino o borghese, della vita quotidiana vista con realismo, dei sentimenti analizzati soprattutto nelle sfumature, nelle pene e tristezze d'amore.
Teocrito è in realtà un poeta dotto e il suo amore per la natura è più riflesso che spontaneo, cioè è nostalgia di un mondo ormai soffocato dalla vita convulsa della città, è un mondo di pastori che ad un tratto abbandonano il linguaggio rozzo e parlano con finezze e citazioni dotte. Tuttavia le descrizioni vaste e serene, il realismo, la vivacità dei caratteri umani, il buon gusto, la raffinatezza e il senso della misura nell'idealizzazione della natura salvano Teocrito dal manierismo e ne fanno un poeta vero.
L'idillio VII, intitolato Talisie, è divenuto celebre perché in esso Teocrito racconta della propria investitura poetica, facendone il suo manifesto programmatico.
Un gruppo di amici tra cui Simichìdas (dietro il quale si nasconde la persona di Teocrito) si sta recando in città sull'isola di Cos per prendere parte alla festa delle Talisie. Durante il tragitto vengono avvicinati da un pastore-cantore di nome Lykìdas (un membro del cenacolo poetico che si raccoglieva intorno a Filita di Kos) Dopo un agone poetico nel quale Simichìdas canta un elogio dell'amore efebico e Lykìdas canta il mondo pastorale, quest'ultimo cede il proprio bastone a Simichìdas; dietro a questo atto si nasconde l'investitura poetica di Teocrito. M.Puelma ha messo in luce il tono fortemente omerizzante con cui viene introdotta la figura di Lykìdas. Il personaggio è infatti caricato di una misteriosa aura soprannaturale e risulta essere per metà divino e per metà pastore. Da un lato la sua epifania ricorda molto quella delle divinità olimpiche in Omero dall'altro viene descritto in maniera realistica nell'abbigliamento. Il Gow ha rintracciato in questo ritratto una somiglianza con l'investitura esiodea del prologo della Teogonia spiegando che l'aureola del "divino" posseduta da Lykìdas è funzionale all'investitura poetica stessa.
La fortuna di Teocrito fu immensa. Virgilio s'ispirò a lui nella stesura delle Bucoliche; egli infatti riprese da Teocrito soprattutto i contenuti e gli aspetti bucolici, stravolgendone però la forma e la presentazione. Ma troppo spesso gli imitatori caddero nell’artificiosità (come l'Arcadia settecentesca) creando un mondo di damerini travestiti da pastori.