L’importanza di Tucidide, ereditata dal mondo moderno, sta pure nel metodo storiografico da lui inventato.
Tucidide indicò con chiarezza i suoi criteri metodologici in due principi generali, fili conduttori di tutta l'opera.
Una concezione ciclica della storia, dalla quale deriva la necessità di conoscere il passato per poter comprendere il presente e, nei limiti dell'umano, prevedere il futuro; la storia quindi è κτῆμα ἐς αἰεί (Ktêma es aiei, possesso perenne), ha cioè dei principi universali che sono validi per ogni epoca.
L'intento di comporre un'opera storiografica assolutamente libera da esigenze estetiche delle akroaseis, ma basata sul vaglio critico delle fonti, lontana dunque da quella di Erodoto incentrata ancora sul mito e sul trascendente; la storiografia tucididea infatti circoscrive il suo campo d'azione ad eventi recenti, ricorrendo all'αὐτοψία (autopsía "attestazione personale"), processo che implica l'inserimento di eventi vissuti in prima persona dall'autore: caratteristico in questi frangenti è l'uso del verbo greco οἶδα (óida "so per aver visto)".
In piena fedeltà a questi principi, lo storico si propone di indagare in primo luogo i fatti, τὰ πραχθέντα (ta prachthenta), descrivendo con questo termine due categorie:
Τὰ ἔργα ("le azioni"): le azioni vere e proprie innescanti l'evento.
οἱ λόγοι ("i discorsi"): i discorsi dei protagonisti che ne costituiscono la premessa o la conseguenza, attraverso cui Tucidide analizza psicologicamente l'autore, cercando di scoprire le cause che lo muovevano.
Le azioni, dunque, sono, all'occhio dello storico, frutto di decisioni umane, preparate, difese o giustificate attraverso λόγoι. Le azioni sono causate da tre motivi della physis umana:
Tὸ δέος la paura, l'istinto di autoconservazione dell'uomo che lo spinge a compiere azioni terribili pur di salvare la propria vita.
Ἡ τιμή il desiderio di onore e prestigio.
Ἡ ὠφελία l'utilità.
In nome del primo, l'uomo è portato a difendersi, per i restanti ad attaccare, con un unico risultato; la guerra. Tucidide si distacca così dal resto della logografia greca, gettando le basi per la storiografia moderna.
Tucidide ritiene che la storiografia, rifiutando qualsiasi interpretazione filosofica e religiosa, possa giungere a delle conclusioni generali attraverso uno studio dettagliato dei fatti particolari. Egli vuole raggiungere la verità (ἀλήθεια) senza aggiunte e deformazioni, senza elementi mitici e dilettevoli. Mentre la storiografia di Erodoto trovava la sua base nel trascendente, nella volontà o nel capriccio degli dei, per Tucidide i fatti hanno la loro spiegazione in se stessi. Egli ha scoperto la politica come sfera autonoma dell'attività umana. Il movente ultimo che sta alla base della storia è la brama di potere dei singoli stati e, nella narrazione dei fatti, Tucidide mostra di essere un acuto osservatore della psicologia collettiva. Egli porta sulla scena le individualità come attori della storia e le caratterizzazioni dei personaggi sono quindi indirette (rari sono i casi in cui dà un giudizio diretto sui personaggi).