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Libro

Greco IV

13. Demostene: la vita

Nacque nel 384 a.C., tra la novantottesima e la novantanovesima olimpiade e ricevette il nome del padre, un ricco armaiolo, che apparteneva al demo di Peania.

Quanto alla madre, Cleobule, Eschine sosteneva che fosse di origine scita ma ciò è oggetto di forti controversie tra gli studiosi.

Infatti, secondo Edward Cohen, professore di Lettere classiche presso l'Università della Pennsylvania, Cleoboule era la figlia di una donna scita e di un padre ateniese, Gilone, altri studiosi, invece, insistono sulla purezza genealogica di Demostene; è comunemente attestato che Cleobule, comunque, provenisse dalla Crimea

In effetti, Gilone, nonno materno di Demostene, aveva sofferto l'esilio alla fine della guerra del Peloponneso con l'accusa di aver tradito la colonia di Ninfeo in Crimea e che poi, secondo Eschine, avesse ricevuto in dono dai regnanti Bosforo un appezzamento chiamato "i giardini" nella colonia di Kepoi (attualmente in territorio russo, a 3 km da Phanagori). In ogni caso, bisogna riconoscere, che l'accuratezza del racconto di Eschine è contestata poiché gli eventi erano accaduti oltre 70 anni prima e difficilmente il pubblico sarebbe stato a conoscenza di eventuali plagi o infondatezze.

All'età di sette anni, perse il padre e quindi fu posto sotto la tutela di Afobo, Demofonte e Terippide la cui gestione del patrimonio di Demostene padre fu disastrosa.

Non appena raggiunse la maggiore età, nel 366 a.C., Demostene chiese conto della gestione dei tutori affermando che, del patrimonio accumulato dal padre e che consisteva in 40 talenti (equivalenti a circa 220 anni di reddito di un lavoratore a salari standard o 11 milioni di dollari in termini di mediana redditi annuali degli Stati Uniti), non era rimasto nulla, salvo la casa, 14 schiavi e trenta mine d'argento, pari a mezzo talento.

Pertanto, all'età di vent'anni, Demostene citò in giudizio i suoi amministratori al fine di recuperare il suo patrimonio e per l'occasione preparò cinque orazioni: tre contro Afobo, tra il 363 e il 362 a.C. e due contro Onetore, parente di Afobo, tra il 362 ed il 361 a.C.

Conclusi i dibattimenti, il tribunale condannò i convenuti al pagamento di una somma pari a dieci talenti in favore di Demostene, che ottenne, quindi, un risarcimento parziale.

Secondo lo Pseudo-Plutarco, Demostene si sposò una volta sola con la figlia di Eliodoro, eminente cittadino ateniese,da cui ebbe una figlia, la sola che non lo chiamasse mai padre, come scrisse in una nota tagliente Eschine. La figlia, ancor nubile, morì giovane pochi giorni prima della morte di Filippo II.

Giudicato poco uomo e impudico, anche a causa della ricercatezza nel vestire e nella cura del corpo, fu attaccato da Eschine a causa delle sue relazioni pederastiche.

Infatti, descrisse come "scandalosa ed impropria" la relazione con Aristione, giovane da Platea che era vissuto per lungo tempo in casa di Demostene mentre in altri discorsi portò in primo piano il rapporto pederastico del suo avversario con un ragazzo di nome Cnosione riportando quanto fosse contemporaneo al matrimonio.

Sempre Eschine aggiunge quanto il rivale fosse solito ingannare i giovani dei ceti elevati e cita come esempio Aristarco, figlio di Mosco, ucciso in circostanze sospette da un certo Nicodemo di Afidna proprio mentre Demostene esercitava l'incarico di tutore legale che aveva avuto alla morte di Mosco.

Infine, Eschine accusa Demostene non solo di aver tratto benefici dalla morte del protetto ma anche di complicità nell'assassinio e di aver messo le mani sulla sua eredità.

Gli storici odierni, tuttavia, tendono a non prendere in considerazione l'accusa, così come le altre in merito ai tradimenti che avrebbe compiuto nei confronti dei suoi eromenoi.