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Libro

Italiano II [PROGRAMMA]

3. L’EPICA CLASSICA

 

Un poema epico è un componimento letterario che narra le gesta, storiche o leggendarie, di un eroe o di un popolo, mediante le quali si conservava e tramandava la memoria e l'identità di una civiltà o di una classe politica. Il termine "epica" deriva dal greco ἕπος (epos) che significa "parola", e in senso più ampio "racconto", "narrazione". L'epica narra in versi il mythos (mito), cioè il racconto di un passato glorioso di guerre e di avventure. L'epica è la prima forma di narrativa, ma non solo: costituisce anche una sorta di enciclopedia del sapere religioso, politico ecc. Essa veniva trasmessa oralmente con un accompagnamento musicale da poeti-cantori.
I poemi epici di tutte le letterature si basano su un patrimonio di miti preesistente; i più antichi poemi epici che si conoscono sono i mesopotamici Atrahasis e l'epopea del re di Uruk, Gilgamesh, anche se i due poemi epici più noti sono lIliade e lOdissea.
ll poema è generalmente caratterizzato da due "momenti" ricorrenti, che riportano in prosa diretta i dialoghi dei personaggi e la diegetica, ossia la narrazione in terza persona, l'epica veniva solitamente cantata.
Il fulcro dell'epica è costituito dalle gesta dell'eroe che è sempre il personaggio più forte, brillante o astuto (Achille per la forza, Odisseo per l'astuzia, Ettore per la devozione alla patria, Enea per la pietas).
I segni distintivi del poema epico, oltre ovviamente all'argomento trattato, riguardano anche lo stile e certi motivi ricorrenti.
Il poema epico si apre sempre con una protasi, in cui dopo l'invocazione alla Musa viene brevemente presentato l'argomento del poema.
Un poema epico è scritto in versi, il più antico dei quali è l'esametro.
Frequenti sono i patronimici, attributi che qualificano la discendenza spesso divina dell'eroe, importanti anche perché conferiscono musicalità ai versi e ne facilitano la memorizzazione, dando vita a vere e proprie formule.
Bisogna ricordare che la poesia epica è legata fortemente alla tradizione orale, gli aedi, cantavano di città in città il loro poema accompagnati dalla cetra e ovviamente, data l'enorme quantità di versi da imparare a memoria per la recitazione, prediligevano i motivi ricorrenti (più facilmente memorizzabili). Perciò, insieme ai patronimici, altrettanto ricorrente, è l'uso dell'epiteto, l'aggettivo che caratterizza l'eroe e ne sottolinea una determinata caratteristica straordinaria ("Achille piè veloce", "l'astuto Odisseo"). Così come intere scene si ripetono in forma fissa.
Ogni volta che sorge l'alba, lIliade e lOdissea ricorrono alla stessa identica sequenza di parole, così come ogni volta che nellIliade un eroe veste le armi, o che nellOdissea i marinai si imbarcano sulle navi o ne discendono. Nel libro VIII dellOdissea, ad es., durante un banchetto serale alla corte dei Feaci, all'aedo Demodoco viene consegnata la lira e gli viene chiesto di cantare l'episodio del cavallo di Troia e della caduta della città. L'aedo doveva dunque conoscere a memoria tutto il contenuto dei poemi, così da recitarlo al momento della richiesta del suo pubblico. Dei poemi omerici non esisteva, infatti, alcuna copia scritta sino al periodo di auralità (VIII a.C.), conclusosi all'incirca con la fine dell'età classica.