Il padre di Lisia, Cefalo, noto fabbricante di scudi, fu invitato da Pericle a trasferirsi da Siracusa ad Atene, dove Lisia nacque nel 445 a.C. Essendo figlio di uno straniero, Lisia è un meteco: può portare i suoi soldi ad Atene ma non ha né diritti civili né diritti politici. Nel 430 a.C. Lisia si recò in Magna Grecia nella colonia di Thurii, presso Sybaris, assieme al fratello Polemarco. In seguito al disastro ateniese in Sicilia durante la Guerra del Peloponneso, nel 413 a.C., Lisia tornò in patria e si dedicò all'arte retorica.
Durante il regime dei Trenta Tiranni, Lisia fuggì a Megara dopo essere stato accusato di cospirazione insieme al fratello Polemarco, fatto poi uccidere per tali motivi. In realtà, nonostante il non ambiguo dissenso dei due, i Trenta tiranni cercavano un pretesto per confiscare i loro beni. Restaurata la democrazia ad opera di Trasibulo, nel 403 a.C. Lisia tornò di nuovo ad Atene, dove cercò di rientrare in possesso degli averi sottrattigli e di ottenere la cittadinanza, ma senza successo, nonostante Trasibulo stesso avesse proposto all'assemblea di attribuirgliela per i servizi resi dall'oratore per la causa democratica, che da Megara finanziò un esercito di circa trecento mercenari per combattere i Trenta; tuttavia grazie allo stesso Trasibulo, ottenne l'isotelia, un trattamento fiscale migliore rispetto a quello dei normali meteci.
Nell'orazione Contro Eratostene, da lui pronunciata personalmente dinanzi alla corte, egli attaccò con violenza l'operato di uno dei responsabili della morte del fratello, coinvolgendo però anche Teramene, all'epoca già morto a seguito di condanna e di cui Atene conservava un buon ricordo. L'esito del processo è sconosciuto; tuttavia i suoi beni non gli furono mai restituiti e Lisia, non potendo aspirare a cariche pubbliche in quanto privo della cittadinanza, dovette adattarsi a fare il logografo, l'oratore giudiziario su commissione.
Come logografo acquistò una certa fama tanto che, ad un certo punto, Trasibulo gli attribuì la cittadinanza ateniese, ma il procedimento fu annullato poco dopo per un vizio di forma (era infatti necessaria l'approvazione della Boulè (il "Consiglio"), ma questa era stata sciolta dai Trenta), anche se gli fu comunque concesso di pagare le tasse come se fosse stato un normale cittadino ateniese. Infatti i meteci, in quanto stranieri, pagavano più tasse di coloro che avevano la cittadinanza ateniese per usufruire dei diritti di residenza e di commercio in territorio ateniese.
Morì ad Atene verso il 380 a.C.