Gli antichi distinguevano fondamentalmente tre forme di oratoria, sulla base della sua destinazione: l’oratoria giudiziaria, per sostenere le cause in tribunale, il cui modello4 era Lisia; quella deliberativa, per gli argomenti da dibattere in pubblico e la politica, di Demostene; e quella epidittica (< ἐπίδειξις, esibizione), utilizzati per temi generali, o per commemorazioni, con modello Isocrate. L’oratoria giudiziaria, veniva utilizzata durante i processi: la giuria era popolare, e spesso chi la costituiva non aveva una conoscenza approfondita del diritto, risultando facilmente influenzabile. L’oratoria deliberativa, si teneva di fronte all’assemblea dei cittadini, con lo scopo di orientarla verso una determinata azione politica. Durante il V e il VI secolo a.C., anni della fioritura democratica, il ῥήτορ era l’uomo politico, colui che per antonomasia parla in assemblea davanti al popolo. Alle volte, per evitare accuse di γραφὴ παρανόμων, ovvero di proporre qualcosa di illegale, i politici affidavano a dei retori appositamente pagati il compito di portare in assemblea determinate proposte. L’oratoria epidittica, dovette la sua fortuna ai sofisti che la utilizzarono per agoni retorici, in cui si discutesse di un tema per mostrare quale fosse la bravura degli oratori. Nonostante il declino della democrazia conservò la sua fortuna nell’antichità, e non era raro assistere a gare pubbliche di oratoria. È anche il genere dell’epitaffio e della commemorazione.