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Libro

Greco IV

5. La sofistica

5.1. Il padre della sofistica: Protagora

Nasce ad Abdera, in Tracia, negli anni ottanta del V secolo a.C. Le fonti raccontano che a trent'anni cominciò a dedicarsi all'insegnamento sofistico, il che lo portò a viaggiare per tutta la Grecia e a soggiornare più volte ad Atene. Qui entrò in contatto con personalità importanti sia dell'ambito culturale (come Euripide) sia di quello politico, come Pericle, che lo scelse per redigere la costituzione di Thurii, nuova colonia panellenica fondata nel 444 a.C. Probabilmente la vicinanza a Pericle, nonché le posizioni agnostiche in ambito teologico in un momento di crisi per la polis di Atene (erano gli anni dello scandalo delle Erme), gli procurano un'accusa per empietà e la condanna all'esilio (per altri, fu Protagora a fuggire, dopo la morte del protettore Pericle, per evitare pene peggiori), che lo portò infine a morire lontano da Atene, durante un naufragio

In generale si può dire che la posizione protagorea sia umanistao antropocentrica(in quanto è posto l'uomo come metro di giudizio e di valutazione delle "cose") e fenomenista(la realtà appare ai nostri occhi secondo il nostro metro di giudizio).

Dal relativismo derivano il relativismo conoscitivo, per cui non esiste un principio assoluto, ma il relativismo etico, cioè morale, secondo cui non esiste un bene o un modello di comportamento assoluto, ma ciò varia da uomo a uomo. In mancanza di una verità e un bene assoluti, la parola logos è dominatrice, e la retorica ha quindi un ruolo fondamentale al fine di persuadere l'interlocutore. Per dimostrare ciò Protagora elabora le cosiddette antilogie: discorsi contraddittori che evidenziano la relatività di valori e norme, mostrando che è possibile sostenere su un medesimo argomento due discorsi (logoi) in contraddizione tra di loro.

L'antilogia (o metodo antilogico) avrà grande fortuna nei decenni successivi, e sarà alla base dell'eristica, corrente della seconda generazione sofistica secondo la quale non è possibile giungere ad una verità ultima, poiché essa non esiste, ma è possibile solo battagliare con i discorsi. L'eristica è, sotto certi aspetti, un'involuzione dell'antilogia: diversamente dall'eristica, questa però non si limita a battagliare, ma consiste in una tecnica retorica che ha lo scopo di mettere in difficoltà l'avversario, rilevando le contraddizioni del discorso di partenza. Sotto quest'aspetto, l'antilogia è quindi una tecnica di discussione, l'eristica no.

Per non entrare nel caos provocato dal relativismo bisogna far riferimento al criterio dell'utile, il quale è un criterio di scelta che giova sia all'individuo sia alla collettività (principio debole dell'utilità). Pertanto, la verità etica che guida le scelte non è per Protagora un valore assoluto e oggettivo, poiché è impossibile da individuare, ma è il risultato di una lunga esperienza, che dimostra l'utilità di un dato comportamento (per questo si può dire che il sofista avesse una concezione di "verità etica" di carattere umanistico-storicista).

Ma la tradizione critica ha ritenuto tale posizione poco solida, perché anche per presupporre ciò che è realmente utile bisogna stabilire un criterio di verità, altrimenti si risolverebbe in un "pragmatismo amoralistico". A queste obiezioni si può rispondere che il "principio debole d'utilità" non è il rifiuto aprioristico di un principio etico, ma esso è l'accettazione di un principio condiviso non assoluto. Alla seconda obiezione si può rispondere che la posizione di Protagora è un invito all'assunzione da parte del singolo individuo delle sue responsabilità di fronte a sé stesso e alla società. Inoltre, il filosofo di Abdera vuole invitare i singoli individui ad accettare delle regole di comune convivenza e di pubblica utilità.

Protagora può essere considerato uno dei primi pensatori agnostici. Secondo Diogene Laerzio, fu proprio a causa di quest'opera che Protagora venne bandito dagli ateniesi. I suoi libri sarebbero stati «bruciati nella piazza del mercato dopo che per mezzo di un araldo erano state requisite tutte le copie a coloro che le possedevano, uno per uno».