Saffo
Saffo (in greco antico: Σαπφώ, Sapphó; Eresos, 630 a.C. circa – Leucade, 570 a.C. circa) è stata una poetessa greca antica.
Gli antichi furono concordi nell'ammirare la sua maestria: Solone, suo contemporaneo, dopo aver ascoltato in vecchiaia un carme della poetessa, disse che a quel punto desiderava due sole cose, ossia impararlo a memoria e morire.
Già nell'antichità Saffo, a causa della bellezza dei suoi componimenti poetici e della conseguente notorietà acquisita presso gli ambienti letterari dell'epoca, fu oggetto di vere e proprie leggende, poi riprese e amplificate nei secoli a venire, specie nel momento in cui, a partire dal XIX secolo, la sua poesia divenne paradigma dell'amore omosessuale femminile, dando origine al termine "saffico".
Fu il poeta Anacreonte, vissuto una generazione dopo Saffo (metà del VI secolo a.C.), ad accreditare la tesi che la poetessa nutrisse per le fanciulle che nel tiaso educava alla musica, alla danza e alla poesia un amore omosessuale: secondo la tradizione, fra l'insegnante e le fanciulle nascevano rapporti di grande familiarità, talora anche sessuale. Probabilmente il fatto va inquadrato secondo il costume dell'epoca, come forma prodromica di un amore eterosessuale, cioè una fase di iniziazione per la futura vita matrimoniale. È bene ricordare come la riunione del tiaso fosse in primo luogo legata al culto in onore della dea dell'amore, Afrodite; le relazioni amorose tra le fanciulle e con la maestra sono dunque da inserire in un quadro paideutico più ampio ed analogo a quello della pederastia maschile. L'attuale significato della parola lesbica ha, pertanto, assunto un'accezione nettamente differente rispetto alla concezione di sessualità di Saffo e del suo circolo. Tale pratica non era affatto immorale nel contesto storico e sociale in cui Saffo viveva: infatti, per gli antichi Greci l'erotismo - che si teneva strettamente lontano dalla pedofilia tutelando i bambini d'ambo i sessi che non avessero compiuto una certa età da figure estranee - si faceva canale di trasmissione di formazione culturale e morale nel contesto di un gruppo ristretto, dedicato all'istruzione e alla educazione delle giovani, qual era il tiaso femminile, pur preparando le giovani donne a vivere in una società che prevedeva una stretta separazione dei sessi e una visione della donna quasi unicamente come fattrice di figli e signora del governo domestico.
La poetica di Saffo s'incentra sulla passione e sull'amore per vari personaggi e per tutti i generi. Le voci narranti di molte delle sue poesie parlano di infatuazioni e di amore (a volte ricambiato, a volte no) per vari personaggi femminili, ma le descrizioni di atti fisici tra donne sono poche e oggetto di dibattito.
Dedicò a una delle sue allieve la poesia "A me pare uguale agli dei".
Saffo compose degli epitalami, struggenti canti d'amore per le sue allieve destinate a nozze e questo ha lasciato supporre un innamoramento anche con componenti sessuali. In realtà è presumibile che Saffo, comunque affezionata alle sue allieve, li abbia scritti poiché le vedeva destinate ad un triste destino: lasciavano infatti l'isola dove si trovavano, dove erano accudite e felici, per andare nella casa dei loro mariti, da cui non sarebbero uscite quasi mai; lì sarebbero state in pratica rinchiuse a vita, come voleva la tradizione greca.
Un'altra leggenda riguarda la presunta passione amorosa del poeta lirico conterraneo Alceo per Saffo. Alceo le avrebbe dedicato i seguenti versi: «Crine di viola, eletta, dolce ridente Saffo» (Fr. 384 Lobel-Page) riportati nel secolo II da Efestione nel suo Manuale di metrica (14, 4). Da tali versi, per autoschediasmo, sarebbe stata desunta l'esistenza di un amore tra i due poeti. Tuttavia, anche alcuni poeti antichi smentirono questa ipotesi, ritenendo che i versi in questione fossero da interpretare come un'idealizzazione non autobiografica. In epoca contemporanea, il filologo classico Luciano Canfora ha osservato che i suddetti versi potrebbero essere riferiti non a Saffo, ma ad un'altra donna.
Da riconoscere è, però, che Alceo conobbe effettivamente la poetessa, prima che questa fosse costretta a fuggire al seguito della famiglia a causa delle guerre dei tiranni.
Se effettivamente i versi di Alceo si riferissero a Saffo, descritta come una donna bella e piena di grazia, dal fascino raffinato, dolce e sublime, verrebbe sfatata l'altra leggenda legata alla poetessa di Lesbo, quella della sua non avvenenza fisica, che l'avrebbe portarta a togliersi la vita a causa del suo amore, non corrisposto, nei confronti del giovane Faone. Anche il pittore olandese-britannico Sir Lawrence Alma-Tadema mostra di non aderire alla leggenda sulla bruttenza di Saffo: infatti nel suo dipinto Saffo e Alceo (Sappho And Alcaeus), realizzato nel 1881, la poetessa è ritratta con fattezze tutt'altro che sgradevoli.
Alceo
Alceo (in greco antico: Ἀλκαῖος, Alkâios, in latino: Alcaeus; Mitilene, 630 a.C) è stato un poeta greco antico, vissuto tra il VII e il VI secolo a.C.
Secondo il Colonna «Alceo è il combattente esemplare, l'uomo di parte che tutto sacrifica al suo ideale politico». Così i suoi versi sono caratterizzati dalla preoccupazione per la patria, i quali non mancano di colpire con «gli strali del disprezzo e del sarcasmo quelli che odia». Ma la poesia di Alceo non è esclusivamente civile, essa esprime, oltreché l'amore per i giovani putti, mai melenso, ma «intonato [al] clima di ruvidezza guerriera», il «senso della natura». La produzione poetica della vecchiaia, invece, venuto meno l'ardore politico, è volto alla celebrazione «dell'unico amico che non lo ha mai tradito, che lo ha sorretto nei momenti più tristi, senza nulla chiedere: il frutto inebriante di Dioniso!».
Il dialetto utilizzato da Alceo è l'eolico misto ad alcuni ionismi. È una lingua poco letteraria, infatti si trovano pochi omerismi, ed è più simile alla lingua parlata e vi si riscontra spesso una funzione conativa. Anche per quanto riguarda i ritmi, è stata rilevata una certa varietà: si passa dalle strofe alcaiche, che prendono il nome proprio da lui, a quelle saffiche.
Anacreonte
Anacreonte (in greco antico: Ἀνακρέων, Anakréōn; Teo, 570 a.C. circa – 485 a.C. circa) è stato un poeta greco antico.
Al poeta di Teo si ispira la cosiddetta "poesia anacreontica", un genere poetico e letterario che caratterizzò il XVIII secolo in Europa, nato all'interno dell'ambiente rococò e che prende spunto dalle opere e dai temi di Anacreonte.
La sua poesia lirica, dal tono di soffuso edonismo, raffinata e ironica – come s'è visto anche negli ultimi commenti rinvenuti nei papiri di Ossirinco – canta innanzi tutto dei piaceri dell'amore, rivolti sia verso le giovani donne sia verso i bei ragazzi, abbinati alla gioia dell'ebbrezza data dal vino; altri suoi temi caratteristici sono il ripudio della guerra, il tormento causato dalla vecchiaia e il culto dionisiaco. Assieme a Saffo e ad Alceo forma il gruppo dei poeti greci che cantavano accompagnati dalla lira.
La passione amorosa declamata da Anacreonte è fondamentalmente carnale e sensualissima. Le sue composizioni su questo argomento sono estremamente brevi, perlopiù poesie di celebrazione dedicate ad un'anonima ragazza che egli chiama "puledra tracia" e quelle che si riferiscono ai litigi amorosi tra il poeta e i giovani di cui era innamorato (Smerdies, Batilo e Cleobulo).
È passato alla storia come il poeta del simposio (dei banchetti e delle feste); contribuirono ad accrescere questa fama le Anacreontee (i cui contenuti sono solo ispirati al vero poeta e fin troppo enfatizzati, e perciò non del tutto reali), che ci hanno dato l'idea di un Anacreonte fin troppo sdolcinato ed edonista, lo stesso che l'Arcadia prese come modello. Anacreonte accenna spesso agli stretti rapporti sentimentali della poetessa Saffo di Lesbo con alcune tra le sue studentesse, riferendovisi come a vero e proprio amore sessuale: proprio su queste voci via via diffusesi sono nati i termini "amore saffico" e lesbismo per indicare ed alludere all'omosessualità femminile.