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Libro

Greco III

6. Mimnermo: la vita

6.1. La lingua e il metro

Dai pochi frammenti giunti a noi è difficile giudicare dell'arte di un autore. Nell'antichità era apprezzato soprattutto in qualità di poeta d'amore, come testimoniato da Ermesianatte, poeta alessandrino, che, nell'ultimo di tre libri di elegie dedicati ad una certa Leonzio, annovera, tra altri nomi illustri (Omero, Esiodo, Alceo, Anacreonte), anche Mimnermo quale poeta erotico. In tale veste è apprezzato anche da Properzio. Tuttavia di questa tanto elogiata produzione poetica amorosa a noi nulla è giunto.

Temi comuni nei frammenti a noi giunti sono "l'amore, la giovinezza, le gioie della vita, l'orrore e paura della vecchiaia: interessi antichi che hanno avuto posto nel cuore degli uomini in ogni tempo. Nuovo è il modo in cui egli si accosta a tali esperienze naturali, insieme unendole in splendido connubio o in drammatico contrasto". La sua poesia è pervasa da un profondo pessimismo. Pessimisti erano anche Omero, Archiloco, Pindaro, Simonide, tuttavia in questi casi il pessimismo è solo di breve impaccio al loro canto, che riesce ad affissarsi sulle immagini di bellezza, esaltandole e sublimandole, senza mortificarle con le ombre della morte e della vecchiaia. Al contrario, in Mimnermo, tali immagini, pur colpendo il suo animo, vengono subito offuscate da lugubri meditazioni, com'è evidente nel confronto tra la similitudine della vita umana con le foglie e l'analoga similitudine omerica. Infatti, se nell'Iliade le generazioni sono paragonate al cadere delle foglie con una immagine dinamica in cui nuove foglie sostituiscono quelle cadute e che si conclude con la visione della primavera, nel frammento 2 West il dato pittoresco viene appena ricordato, dopo il poeta si abbandona in una triste riflessione che termina con le figure delle nere parche. Anche l'amore si accompagna costantemente al dolore: il rimpianto sovrasta sempre il piacere.

Il tema della giovinezza, contrapposta alla vecchiaia, definita odiosa, riveste un ruolo di primo piano nella sua produzione poetica. Nei lirici greci la vecchiaia (segnata, come la senectus latina, a 60 anni) è considerata un impietoso decadimento: Teognide rimpiange la giovinezza, Saffo sembra rassegnarsi alla senilità, Anacreonte la considera un male naturale da cui è impossibile fuggire. Per Mimnermo il sopraggiungere della vecchiaia rende l'uomo turpe e spregevole, odioso a fanciulli e donne, i soggetti erotici per eccellenza: egli non può più godere dei dolci e desiderabili doni di Afrodite, non gioisce neppure nel vedere i raggi del sole, tanto tormentato da tristi pensieri nel cuore (fr. 1 W). Dinnanzi a questa prospettiva desolante morire è meglio che vivere: il poeta si augura che la morte lo colga a 60 anni (fr. 6 W); è il tipico atteggiamento mentale ionico che si pone al disopra della vita e, a partire da un orientamento soggettivo, è in grado di osservarla nella sua totalità, auspicandone addirittura la fine se essa dovesse perdere il suo valore.Visione altrettanto negativa della senilità emerge nel frammento 4 West, in cui, tramite l'exemplum mitologico di Titono, la vecchiaia è definita un male infinito, più gelido della triste morte. Proprio su questa concezione della vecchiaia si incentra il dibattito con Solone, che, nel frammento 20 west, esprime un visione della vecchiaia differente da quella di Mimnermo: per il legislatore ateniese essa non è una fase di decadenza fisica, bensì simbolo di saggezza; col trascorrere degli anni l'anziano ha accumulato un'esperienza che può essere supporto per le nuove generazioni, nonché rappresentare il passato e la tradizione della città, come emerge nel frammento 18 West. Tale concezione della senilità trova conferma anche nel mondo omerico in cui i soli anziani, presso le porte Scee, non si lasciano folgorare da Elena (mitologia), pur ammirandone la bellezza, ed esprimono il desiderio di mandarla via, con parole di saggezza che ben li distinguono da Paride che, invece, non ha avuto la lungimiranza di prevedere le conseguenze del ratto di : sono paragonati a delle cicale, che proferiscono parole melodiose per la saggezza che esprimono. Questa visione positiva della vecchiaia, accolta da Solone, poeta di elegia politica,è rinnegata da Mimnermo, che invece la ritiene una fase di decadenza fisica che impedisce all'uomo di godere di tutti i piaceri della vita, anche la vista del sole, tormentato da tristi pensieri. La condizione giovanile è migliore perché una situazione di spensieratezza, in cui il fanciullo non è in grado di discernere il bene dal male, a lui ancora sconosciuti, come si legge nel frammento 2 West: ciò da un lato rende il giovane sprovveduto e spesso incosciente (si pensi al passo omerico già citato), dall'altro invece gli assicura quella serenità fanciullesca che si contrappone alla pensierosità della condizione senile.