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Libro

Greco III

5. Ipponatte: la vita

 

Le testimonianze biografiche sono estremamente incerte sulla sua cronologia: Girolamo, secondo una tradizione eusebiana lo pone erroneamente nella prima metà del VII secolo a.C.. Il Marmor Parium e lo Pseudo-Plutarco del De musica lo collocano, più plausibilmente, un secolo dopo. La cronologia più tarda è anche supportata dal fatto che di lui ci sono pervenuti un frammento in cui fa parodia di Mimnermo, e altri due in cui cita Gige e Biante.

La leggenda su di lui narra che trascorse la vita in condizioni miserabili, ma, producendo in un simposio, si presume non fosse povero bensì agiato come tutti i poeti e trattasse i temi della miseria in quanto voce della collettività. Infatti si potrebbe affermare con una certa sicurezza che Ipponatte fosse di origini aristocratiche: lo confermerebbe il suo stesso nome, perché gli appellativi composti con "ippo" (cavallo) erano tipici dell'aristocrazia . Fu inoltre coinvolto nelle lotte politiche che travagliavano in questo periodo le varie città greche; proprio per questo motivo fu esiliato dalla sua città ad opera dei tiranni Atenagora e Coma e trovò riparo a Clazomene (presso Smirne), colonia ionica dell'Asia Minore e città prevalentemente commerciale, dove visse in condizioni meno agiate rispetto alla precedente condizione.

Si dice che il poeta fosse fortemente condizionato dall'aspetto fisico (era gobbo e aveva un volto orribile), che gli causò le beffe di due scultori fratelli originari di Chio, Atenide e Bupalo, colpevoli di avergli fatto un ritratto troppo realistico e quindi offensivo; tuttavia Ipponatte si vendicò di loro scagliando giambi e invettive pubbliche così violenti e feroci da costringere gli avversari al suicidio per impiccagione. Con Bupalo pare inoltre che il poeta fosse in rivalità per l'amore di Arete, una donna dai liberi costumi.