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Libro

Greco III

2. Omero: la vita

2.6. Le caratteristiche della lingua omerica

I due poemi omerici Iliade e Odissea sono giunti in una forma scritta, che presenta caratteri linguistici propri di varie epoche, che oscillano dal IX al VII secolo a.C., e si sa dalla questione omerica, che furono composti attraversando varie rielaborazioni, essendo presenti numerosi dorismi, atticismi, eolismi; i poemi dovevano circolare attraverso blocchi narrativi successivamente ricuciti in un solo poema, prima della prima edizione ufficiale nel VI secolo durante il governo di Pisistrato. Caratteristica fondamentale, che rende i poemi omerici diversi dalle altre opere greche, è la presenza costante di diversi dialetti, ossia dei modi diversi di enunciare un sostantivo, un aggettivo, un verbo, e ciò è presente già dal primo verso del I libro dell'Iliade θεά, termine di origine eolica, ossitono, che ha perso la ritrazione dell'accento, che si accosta a Πηληιάδεω.

Frequente è anche l'alternanza tra la particella ἄν del dialetto ionico con l'equivalente eolico κε, scritto anche con il termine κεν, frutto della crasi tra i due, anche se altri pensano che il ν mobile tipico dello ionico e assente nell'eolico, fosse stato usato proprio dagli aedi ionici che modificarono una particella eolica. Si cita l'esempio di ναυσί ionico (dativo plurale) a confronto con l'eolico νήεσσι. Per queste varie differenze, alcuni pensarono anche che Omero, individuato come l'autore malgrado il suo conto semi-mitico, avesse viaggiato per varie terre intorno alla Grecia, giungendo nel Panionio in Asia Minore, e nell'Eolia, assumendo questi caratteri linguistici.

Seguendo le scoperte di Ventris e Chadwick della lineare B nel 1952, si è appurato che i due poemi omerici seguono convenzioni grammaticali e formulari tipiche dell'epos arcaico greco:

genitivo plurale in -άων per i termini in -α della prima declinazione, per quelli della seconda declinazione il genitivo singolare in -οιο;

desinenza strumentale in -φι, come già attestato nelle tavolette micenee;

dativo plurale in -εσσι;

terminazione dell'infinito in -μεν e -μεναι di derivazione eolica;

pronomi personali in ἄμμες, ἄμμι e ὕμμες, ὕμμε, ὕμμι, che si alternano alle corrispondenti ioniche ἡμεῖς, ἡμῖν e ὑμεῖς, ὑμῖν;

dove appaiono le forme eoliche, non possono essere sostituite da corrispettive ioniche per ragioni metriche.

Già vedendo queste prime caratteristiche dei due poemi, si può comprendere come la lingua omerica sia "artificiale", frutto di rielaborazioni lunghe di secoli, partendo da proto-forme di cantari micenei, rielaborati poi in eolico, con la mediazione del dialetto ionico. Poi ci sono altri fenomeni linguistici più recenti, che furono aggiunti nel VI secolo a.C., altri, come è possibile vedere dalle trascrizioni alessandrine, anche in epoche più tarde, nei tentativi di accomodare e correggere i poemi. All'epoca di Pisistrato al governo di Atene, i poemi omerici erano recitati nelle feste Panatenee, documentate per la prima volta nel 565 a.C., e la critica concorda sul fatto che molti atticismi derivino dal passaggio orale, oppure già scritto dei blocchi narrativi eolici e ionici, a quello scritto della prima edizione pisitratea. Gli atticismi sono molti: τέσσαρες (ionico τέσσερες, nell'eolico addirittura πίσυρες), per la congiunzione conclusiva οὖν si ha ὦν in ionico, e per la temporale οπότε si hanno i corrispettivi dialettali κότε in ionico e in eolico ὅπποτε.