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Libro

Greco II

3. Le classi verbali

3.6. Il perfetto e il piuccheperfetto primo e secondo attivi 9.1.8 Il perfetto e il piuccheperfetto terzo

Il perfetto è uno dei quattro tempi principali del verbo greco che concorre a formare la voce del paradigma verbale. A differenza del perfetto latino, il perfetto greco è considerato un tempo principale e lo si deduce dal fatto che nella sua formazione, all'indicativo, vengano utilizzate le desinenze principali.

Aspetto verbale del perfetto

Dal punto di vista aspettuale il perfetto può avere due valori:

Valore stativo: è proprio dei perfetti di formazione più antica, che sono intransitivi e si traducono col presente, dal momento che rimarcano una situazione permanente nel presente come conseguenza di un'azione compiuta.

φύω "genero" > πέφυκα, "sono [per natura]" (perché "sono stato generato", "sono nato"); θνῄσκω "morire" > τέθνηκα "sono morto" (= "mi trovo ora ad essere morto perché precedentemente ho perso la vita")

Esiste una certa quantità di verbi che si rendono in italiano così, e i più comuni sono riportati, in ordine alfabetico, qui sotto.

δέδια (pf. debole e atematico), "temo", da δείδω

ἔγνωκα, "so", da γιγνώσκω

ἐγρήγορα, "sono sveglio", da ἐγείρω "sveglio" (trans.)

εἴωθα, "sono solito", da ἔθω (cfr. ἦθος, "costume, abitudine", equiv. al latino mos)

ἔοικα, "sono simile", privo di presente

κέκτημαι, "possiedo", da κτάομαι "acquisto"

μέμνημαι, "ricordo", da μιμνήσκω

οἶδα (dalla radice ἰδ-/εἰδ-/οἰδ- "vedere"), "so" (perché, letteralmente, "ho visto, sono stato testimone")

πέποιθα, "confido", da πείθω (cfr. aoristo forte ἔπιθον con lo stesso significato)

πέφυκα, "sono per natura, per indole", da φύω "genero"

τέθηλα, "sono fiorito (adesso)", da θάλλω "fiorire"

Valore resultativo: è proprio dei perfetti di formazione recente, che hanno valore transitivo e si traducono con il passato prossimo, dal momento che rimarcano il risultato in sé di un'azione compiuta.

γράφω "scrivo" > γέγραφα "ho scritto"

Infine, come nell'aoristo, distinguiamo:

- Perfetto debole o primo: è proprio di tutti i verbi in vocale o dittongo, di quasi tutti i verbi in dentale e di molti verbi in liquida o nasale. La caratteristica principale di questo tipo di perfetto è la presenza dell'affisso -κ- nella sua formazione

- Perfetto forte o secondo: è proprio di tutti i verbi in labiale e gutturale, di alcuni verbi in liquida o nasale, di pochissimi verbi in dentale. A differenza del perfetto debole, il perfetto forte non presenta l'affisso -κ- nella sua formazione. Per analogia con i verbi la cui radice termina in aspirata (ad esempio τρέφω, radice τρεφ-/τροφ-/τραφ-, perfetto τέτροφα), si riscontra aspirazione anche nel tema di alcuni perfetti in labiale e in velare che non dovrebbero averla (ἄγω, radice ἀγ-, perfetto ἦχα; κόπτω, radice κοπ-, perfetto κέκοφα); non è possibile prevedere quali verbi sviluppino questo cosiddetto perfetto aspirato.

- Perfetto fortissimo o terzo o atematico: è il tipo di perfetto più antico ed aggiunge le desinenze principali direttamente al tema verbale (con o senza raddoppiamento). Soltanto il perfetto οἶδα "so" presenta una flessione completa. Gli altri perfetti fortissimi appartengono a voci verbali isolate o sporadiche, oppure hanno coniugazione mista (voci proprie del perfetto debole e altre del perfetto fortissimo).

Il participio

A differenza dei participi di altri tempi, che derivano tutti da temi in -οντ- come con presente, aoristi attivi e medi e il futuro, oppure in -εντ- come gli aoristi passivi e i verbi in -μι, il perfetto forma il participio maschile e neutro sulla base di un tema in dentale semplice -οτ-; il femminile fa parte invece dei nomi in -υῖα. Possiamo vedere che la forma del maschile è λελυκώς, il cui nominativo deriva da *λελυκοτς > λελυκώς per caduta di τ e allungamento apofonico (non di compenso come succede con gli altri participi) di ο in ω.

Notevole il fatto che al congiuntivo, all'ottativo e all'imperativo (e talvolta anche all'indicativo) il perfetto ricorra spesso a forme perifrastiche, formate dal participio perfetto e dalle forme del presente di εἰμί:

congiuntivo: λελυκὼς (anche λελύκω), ottativo: λελυκὼς εἴην (anche λελύκοιμι), imperativo: λελυκὼς ἴσθι (anche λέλυκε)

Si trova qualcosa di analogo nel latino parlato e scritto nel Medioevo, durante il regresso culturale che corruppe il latino e fece nascere l'italiano; accadde che alle forme di perfetto canoniche se ne accostò una composta da participio perfetto + avere, che non esisteva nel latino classico. Così "io ho detto" veniva anche espresso con dictum habeo, nel senso di "ho qualcosa di detto (dictum)".

Perfetto attivo, Perfetto I o debole

Coniugazione del perfetto primo o debole: λύω, "sciogliere"

la forma dell'imperativo λελυκέτωσαν è attica.

Perfetto II o forte

Coniugazione del perfetto forte o secondo: φαίνω, "mostrare"

 

anche il perfetto forte ha la forma attica, piuttosto rara, πεφηνέτωσαν.

l'Infinito ha la vocale tematica -ε-.

il solo tema in vocale che segue la coniugazione del perfetto forte è ἀκούω "ascolto" che fa ἀκήκοα (con raddoppiamento attico); questo perché originariamente il tema terminava in digamma che si è vocalizzato: *ἀκοϝω > ἀκούω.

Perfetto III o fortissimo o atematico

Coniugazione del perfetto fortissimo o terzo atematico οἶδα, "so"

nella coniugazione si alternano i gradi del tema apofonico ϝιδ-/ϝειδ-/ϝοιδ- (cfr. latino video, tedesco wissen "sapere", inglese wise "saggio") che esprime l'idea di "vedere". Il congiuntivo e l'ottativo usano il grado medio, mentre il l'imperativo e il plurale e il duale dell'indicativo il grado zero. Il grado forte è utilizzato solo dal singolare dell'indicativo.

a dimostrazione di quanto sia arcaica questa formazione di perfetto, la 2º singolare dell'indicativo ha la desinenza -θα, in comune con l'imperfetto di εἰμί, e quella dell'imperativo la desinenza -θι, come quella dell'aoristo terzo e del verbo "essere", a cui è perfettamente identica.

la 2º persona sing. e plur. dell'indicativo mutano regolarmente la -δ- del tema in -σ- davanti alle dentali delle rispettive desinenze.

la 3º plur. dell'indicativo muta per analogia alle altre persone la -δ- in -σ- (*ϝιδṇτι > *ἰδατι > ἴσασι).

Coniugazione del perfetto fortissimo o terzo atematico δέδια, "temo"

 

δέδια deriva dal verbo δείδω (il quale anticamente era anch'esso un perfetto) che ha il tema apofonico δϝιδ-/δϝειδ-/δϝοιδ-, in cui il digamma cade senza lasciare traccia. Dal grado debole si formano il presente, il futuro e l'aoristo mentre dai gradi zero e forte si formano rispettivamente i perfetti δέδια e δέδοικα, regolare perfetto debole.

a differenza di οἶδα, δέδια usa soltanto il grado zero δϝιδ- nel corso della coniugazione.

esiste un'unica forma attestata di ottativo, ed è la 3º pers. sing. δεδιείη.

una forma attica alternativa all 3º pers. plur. dell'omperativo è δεδίτωσαν.

 

Coniugazione del perfetto fortissimo o terzo atematico ἔοικα, "assomiglio", "sembra che io"

si forma dalla radice ϝικ-/ϝεικ-/ϝοικ-, dal cui grado forte si forma (con regolare raddoppiamento: *ϝέϝοικα, con conseguente caduta dei digamma) tutta la coniugazione; l'infinito e il participio possono anche formarsi dal grado zero con raddoppiamento (*ϝεϝικέναι) o dal grado medio senza raddoppiamento (*ϝεικέναι).

dalla stessa radice si ricava il verbo ἐΐσκω "rendere simile", di cui però ἔοικα non è considerato essere il perfetto.