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Libro

Italiano II [PROGRAMMA]

1. STORIA DELLA LINGUA ITALIANA

1.2. La lingua della prosa

 

La prosa è una forma di espressione linguistica non sottomessa alle regole della versificazione. Il concetto di prosa va considerato in opposizione a quello di poesia: esso infatti indica una struttura che non presenta "l'andare a capo" del verso (regolato da norme metriche, esigenze ritmiche, volontà di espressione), ma procede diritta, completando il rigo ed usando "l'andare a capo" solo per indicare una separazione non metrico-ritmica ma concettuale, tra sequenze non obbligate da vincoli formali.
Nella prosa post-moderna si assiste comunque a un uso accentuato del capoverso per finalità non solo concettuali ma soprattutto ritmiche. Ciò avviene in particolare nel romanzo e nel racconto d'azione ai quali occorre imprimere un'andatura più incalzante.
Con il termine prosa ci si riferisce abitualmente anche ad un genere teatrale.
L'origine etimologica e la storia della prosa testimoniano questi caratteri: Prosa (anticamente proversa e successivamente prorsa) era in latino la forma femminile dell'aggettivo prorsus (diritto, di seguito); unita al sostantivo oratio indicava il discorso orale o scritto non in versi. In Marco Fabio Quintiliano il termine è già usato come sostantivo.
Le funzioni della prosa colta sono molteplici:
· Narrativa
· Storiografia
· Didattico-scientifica
· Saggistico-critica
· Oratoria
· Epistola
· Drammatica
Nonostante questa ricchezza di possibili forme, la prosa fu per lungo tempo lasciata a sperimentazione tutto sommato libera. Nella cultura latina la prosa non era legata a generi narrativi ma all'oratoria, che ne costituisce il sommo modello. Marco Tullio Cicerone nell'Orator distingue tre livelli di stile: basso, medio ed elevato, ed approfondisce i caratteri musicali della prosa stabilendo regole che riguardano la disposizione dei membri della frase, il ritmo e soprattutto la clausola del periodo, ovvero la sua parte finale, disposta secondo misure metriche analogiche a quella della poesia.
La teoria di Cicerone passa attraverso Quintiliano ed arriva al Medioevo influenzando le artes dictandi delle scuole e delle cancellerie. Nel secolo XIII Giovanni di Garlandia descrive e classifica alcuni tipi di stile prosaico, ed in questo periodo si elabora una prosa latina scientifica e filosofica che fa prevalere sul gusto dell'ornatus il rigore di schemi logico-dimostrativi.
La civiltà rinascimentale ripropone una gamma più ampia di generi in prosa: la poetica del classicismo tende a presentare modelli da imitare nei diversi generi letterali. L'inversione di tendenza si ha nel seicento barocco che sottrae i suoi spettacolari artifici all'uso dell'imitazione. Nel 1700 la prosa diventa importante strumento per la divulgazione e per la polemica narrativa, filosofica, satirica, ma è con il 1800 che la distinzione tra prosa e poesia si approfondisce creando la distinzione tra la prosa di funzione teorico-narrativa e la poesia di funzione lirica, a questa distinzione si fa riferimento per la comprensione del dominio della prosa nel naturalismo.
 
 
 
 

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