«Hanno sin qui la maggior parte dei filosofi creduto che la superficie [della Luna] fosse pulita tersa e assolutissimamente sferica, e se qualcuno disse di credere, che ella fusse aspra e muntuosa fu reputato parlare più presto favolusamente, che filosoficamente. Ora io questo istesso corpo lunare [...] asserisco il primo, non più per immaginazione, ma per sensata esperienza e necessaria dimostrazione, che egli è di superficie piena di innumerevoli cavità ed eminenze, tanto rilevate che di gran lunga superano le terrene montuosità.» |
(Galileo, Lettera a Gallanzone Gallanzoni, 1611) |
«Quali sono i fondamenti filosofici della fisica di Galileo e quindi della scienza moderna in genere? Galileo è sostanzialmente un platonico, un aristotelico o nessuno dei due? Si limitò, come sostiene Duhem, a rilevare e perfezionare una scienza meccanica che aveva avuto origine nel Medioevo cristiano e i cui principi fondamentali erano stati scoperti e formulati da Buridano, da Nicola Oresme e dagli altri esponenti della cosiddetta "fisica dell’ impetus" del XIV secolo? Oppure, come sostengono Cassirer e Koyré, voltò le spalle a questa tradizione dopo averla brevemente processata nella sua dinamica pisana e ripartì ispirandosi ad Archimede e Platone? Le controversie più recenti su Galileo sono consistite in larga misura in un dibattito circa il valore fondamentale e l’ influsso storico che su di lui avevano esercitato le tradizioni filosofiche, platoniche e aristoteliche, scolastiche e antiscolastiche.» |
«Alla radice di gran parte della nuova scienza, da Leonardo a Galileo, accanto al desiderio tutto rinascimentale di non lasciare intentata via alcuna, è viva la certezza che il sapere ha aperta innanzi a sé la possibilità di una salda cognizione. Se noi ripercorriamo la Teologia platonica, vi troviamo al centro questa tesi, largamente e minutamente discussa nel libro secondo: alla mente di Dio sono presenti tutte le essenze; la divina volontà, che poteva non creare, ha manifestato la sua generosità col dare concreta e mondana realizzazione alle eterne idee facendole vivere. La fecondità del concetto di creazione si rivela nel dono della vita che Dio ha dato, e poteva non dare. Ma la volontà non tocca quel mondo razionale che costituisce l’ eterna ragione divina, il verbo divino, cui dunque si conforma e si adegua questo mondo il quale, platonicamente, rispecchia l’ ideale razionalità per il tramite dell’ intermediario matematico: "numero, pondere et mensura". La mente umana, raggio del Verbo divino, è nelle sue radici impiantata essa pure in Dio; è in Dio partecipe in qualche modo dell’ assoluta certezza. La scienza nasce così per il corrispondersi di questa struttura razionale del mondo, impiantata nell’ eterna sapienza divina, e della mente umana partecipe di questa luce divina di ragione.» |