Matteo Maria Boiardo (Scandiano, maggio o giugno 1441 – Reggio nell'Emilia, 19 dicembre 1494) è stato un poeta e letterato italiano. È considerato uno dei più noti e importanti letterati italiani del XV secolo. Fu conte feudatario di Scandiano. Figlio di Giovanni Boiardo (1419-1452) (figlio a sua volta di Feltrino Boiardo) e di Lucia Strozzi; fratello della madre fu il noto poeta Tito Vespasiano Strozzi, mentre la sorella del padre Giulia, che aveva sposato Gianfrancesco I Pico, era la madre di Giovanni Pico della Mirandola. Matteo Maria nacque nel 1441 a Scandiano, feudo comitale dei Boiardo, nel segno dei Gemelli, come scrive lui stesso, quindi tra il 21 maggio e il 21 giugno. Si trasferì con la famiglia a Ferrara in una casa in via del Turco e qui trascorse la sua fanciullezza. Rimasto orfano di padre nel 1451 andò a vivere presso il nonno, Feltrino Boiardo, tornando dunque a Scandiano. Suoi precettori furono lo stesso nonno (uomo di grande cultura, tanto che, settuagenario, si era iscritto a un corso di diritto canonico per curiosità ed interesse di apprendere) e un certo Bartolomeo da Prato, cappellano e sacerdote. Il Boiardo fu istruito alla letteratura classica: probabilmente ebbe qualche conoscenza rudimentale della greca ma per lo più si dedicò alla latina, affiancando a queste un vivo interesse per Petrarca e Dante. Nel 1456 l'amatissimo nonno Feltrino morì e nel 1460 anche l'affezionatissimo zio Giulio Ascanio. Dunque dovette terminare così la propria formazione, dedicandosi al solo governo ed all'amministrazione del feudo di Scandiano. Boiardo si presentò al Consiglio degli Anziani di Reggio del marchesato, Ferrara dove si trasferì nel 1461 andando a vivere alla corte di Borso d'Este ove incontrò lo zio Strozzi, Guarini, Paganelli ed altri celebri letterati del tempo. Nel 1469 accompagnò a Roma Borso d'Este, che andava a ricevere dal Pontefice la corona ducale. Si affezionò molto anche alle corti di Modena, tenuta da Ercole d'Este e Reggio, appartenuta a Sigismondo d'Este. Va ricordata l'attrazione per questa seconda corte come legata alla relazione con Antonia Caprara, la "musa" ispiratrice della poesia del Boiardo. Si è risaliti all'identificazione della Caprara grazie ad un registro parrocchiale: risultò infatti essere stata battezzata una donna con questo nome il 31 ottobre 1451 nella chiesa di San Giovanni di Reggio, di questa fanciulla, a parte il nome, individuato anche tramite acrostici presente nelle poesie degli Amorum libri tres, non si sa nient'altro. Descritta come bella e volubile nelle opere del Boiardo, si può dunque intuire che l'amore tra i due non fosse pienamente corrisposto. Boiardo lasciò l'Emilia nel marzo del 1471 accompagnando Borso d'Este a Roma nel 1471 alla cerimonia in cui il papa Paolo II ufficializzava l'ascesa di Borso come signore di Ferrara e l'elevazione del titolo marchionale degli Este a titolo ducale. Nel 1472 sposò Taddea Gonzaga dei conti di Novellara, da cui ebbe otto figli.Nella primavera del 1473 il Boiardo accompagnò in una grandiosa cavalcata Ercole I, succeduto al fratello Borso, fino a Napoli per andare a prelevare la sua sposa Eleonora d'Aragona. Nell'estate del 1473 esplose la controversia del canale di Secchia, manufatto che portava l'acqua dal fiume alla città di Reggio, attraversando il territorio di Scandiano: i Carpigiani infatti, appoggiati dal loro signore, Marco Pio, rompevano l'argine del canale sotto Casalgrande, località appartenente alla contea di Scandiano, con grave danno sia per i territori del Boiardo sia per Reggio. Il Boiardo chiese al Consiglio degli Anziani di Reggio l'autorizzazione a brandire le armi contro i signori Pio di Carpi per porre fine alla questione in quanto anche lui risultava gravemente danneggiato dall'abuso. Da ciò derivò un contrasto familiare: la vedova dello zio paterno Ascanio, Taddea Pio, sorella del signore di Carpi, si oppose al nipote per gli interessi dei parenti, in particolare dei nipoti e dei figli, altri parenti del ramo dei Boiardo che traevano vantaggio dalla rottura dell'argine a Casalgrande. L'irrisolvibile querelle trovò una possibile soluzione con il tentativo di avvelenamento del Boiardo architettato dal cancelliere di Giovanni Boiardo, cugino del poeta, figlio del defunto Ascanio e di Taddea. Tuttavia un servo di Matteo, Boioni, chiamato a far parte del delitto, avvertì il padrone: Boiardo ordinò al delatore di fingere di assecondare l'invito dei cospiratori per poi catturare e imprigionare Boioni e procurarsi la prova del delitto, il veleno stesso, per portarlo di fronte al duca. Ercole non poté tuttavia soddisfare le istanze del Boiardo perché il potere dei Pio di Carpi era troppo ampio. Per tale motivo la colpa fu gettata interamente su Boioni, esiliato e poi successivamente graziato. Le cause e le sentenze dei magistrati non accontentarono Boiardo dato che, di fatto, la zia Taddea e il cugino Giovanni la ebbero vinta. Per risolvere qualsiasi futura questione decise di scindere il feudo in due parti: una, comprendente Arceto, attuale frazione di Scandiano, fu data al cugino Giovanni, più vicina a Carpi e dunque agli interessi di Taddea Pio. Boiardo si tenne il resto del feudo. Morì a Reggio nel dicembre 1494 e, come da sue volontà testamentarie, fu tumulato nella chiesa di Santa Maria, a Scandiano, dove già erano sepolti i genitori e il nonno Feltrino. I Boiardo avrebbero poi controllato il feudo fino al 1560, anno in cui si estinse la linea maschile del casato. L'ambiente ferrarese era nel Quattrocento uno dei principali centri della cultura umanistica. Boiardo (nipote del poeta e umanista Tito Vespasiano Strozzi), assimilò l'amore per la letteratura classica e, oltre a tradurre opere latine (di Cornelio Nepote e Apuleio) e greche (Erodoto, Senofonte), si dedicò alla composizione di testi poetici sia in latino sia in volgare. Tra le opere latine sono da notare i Carmina de laudibus Estensium (1463) di chiaro intento encomiastico, e Pastoralia, egloghe ispirate alle Bucoliche di Virgilio. Sviluppò temi bucolici anche in volgare nella raccolta Pastorale; scrisse inoltre la commedia Timone, derivata da un dialogo di Luciano di Samosata. Le opere più importanti sono la raccolta di liriche (prevalentemente sonetti e canzoni) Amorum libri tres, ispirata dall'amore per la nobildonna reggiana Antonia Caprara, e il poema cavalleresco Orlando innamorato. La Amorum libri tres si compone di 180 testi, scritti fra il 1469 e il 1471, ordinati secondo uno schema preciso. Nel primo libro è espressa la gioia dell'amore corrisposto; nel secondo il dolore per il tradimento della donna amata; nel terzo l'aspirazione ad un'elevazione spirituale. Il modello è il Canzoniere di Francesco Petrarca, ma vi sono differenze evidenti, sia nella vitalità della rappresentazione della natura (ricca di luci, colori, sensazioni), sia nel linguaggio, che conserva una forte impronta emiliana. Oltre al modello di Petrarca vi sono quello di Ovidio (da cui Boiardo prende il titolo dell'opera) e quello stilnovista. L'Orlando innamorato riprende i temi e i personaggi dei romanzi cortesi, ancora molto diffusi e apprezzati a Ferrara e nell'Italia centro-settentrionale, tanto presso il pubblico colto quanto presso il popolo. Introduce l'innovazione di fondere i due principali filoni narrativi preesistenti, ossia il ciclo carolingio (Carlo Magno e i suoi paladini) e il ciclo bretone (i cavalieri della Tavola rotonda). Il poema, in ottave, molto ampio, rimase incompiuto pochi mesi prima della morte del poeta, avvenuta in un periodo assai grave per l'Italia, con la discesa dei francesi di Carlo VIII, cui fa esplicito riferimento l'ultima ottava. Il poema ebbe grande successo, poiché interpretava con sensibilità umanistica i valori cortesi dell'epoca feudale ormai al tramonto. Ludovico Ariosto riprese la trama dell’Orlando innamorato per il suo Orlando furioso proprio nel punto in cui il Boiardo s'era interrotto.