Il mito di Edipo e la Sfinge è una storia significativa nella mitologia greca che affronta temi profondi come il destino, l'identità e la conoscenza. Racconta la storia di Edipo, un eroe tragico, e il suo confronto con la Sfinge, una creatura mostruosa.
Nel mito, il re di Tebe, Laio, viene avvertito dall'oracolo che suo figlio lo ucciderà e sposerà sua moglie, Giocasta. Per evitare questa profezia, Laio abbandona il neonato Edipo sul Monte Citerone. Tuttavia, Edipo viene salvato e cresciuto altrove, senza sapere la sua vera identità.
Da adulto, Edipo sente la stessa profezia e decide di allontanarsi dalla sua presunta famiglia per evitare il destino. Durante il suo viaggio, arriva a Tebe, dove incontra la Sfinge. La Sfinge terrorizza la città ponendo un enigma insolubile agli abitanti. Solo colui che riesce a risolvere l'enigma può sconfiggere la Sfinge.
L'enigma della Sfinge è: "Qual è l'essere che al mattino cammina su quattro zampe, a mezzogiorno su due e alla sera su tre?".
Edipo risolve l'enigma rispondendo correttamente che l'essere è l'uomo, che striscia da neonato, cammina su due gambe da adulto e si appoggia a un bastone da anziano. Con questa risposta, Edipo sconfigge la Sfinge e salva Tebe dalla sua maledizione.
Secondo alcuni resocontic'era anche un secondo indovinello (molto più raro): "Ci sono due sorelle: la prima dà alla luce l'altra e questa, a sua volta, dà vita alla prima. Chi sono le due sorelle?" La risposta è: "il giorno e la notte" (in greco entrambe le parole sono femminili). Quest'ultimo enigma si trova anche in una versione guascone del mito di Edipo e potrebbe essere molto antico.
Tuttavia, dopo la sua vittoria, Edipo viene acclamato come eroe e sposa Giocasta, ignaro del fatto che sia sua madre. La verità viene rivelata in seguito, causando un profondo dolore e tragedia. Edipo si acceca e viene esiliato da Tebe, mentre Giocasta si suicida.
Il mito di Edipo e la Sfinge rappresenta l'incombente presenza del destino, il conflitto tra l'individuo e il destino, nonché la complessità delle relazioni familiari e la ricerca della verità.
Questo mito è stato ampiamente interpretato e analizzato in diverse opere letterarie e teatrali.
Le tragedie di Sofocle, in particolare "Edipo re" e "Edipo a Colono", hanno reso celebre il mito di Edipo e la Sfinge.
Sfinge è un nome greco e in Egitto venne applicato a queste statue da prima che Alessandro Magno occupasse la regione.
I nomi di criosfingi per le sfingi a testa d'ariete e di ieracosfingi per quelle a testa di falco vennero coniati da Erodoto.
Nella mitologia greca vi era una singola Sfinge, un demone di distruzione e mala sorte. La sua prima comparsa a noi pervenuta è nel mito di Edipo come descritto da Esiodo (il primo a parlare di Edipo fu Omero, che però non sembra consapevole di un qualche collegamento con la Sfinge), secondo cui la Sfinge era la figlia di Ortro e di qualcuno tra Echidna, la Chimera e Ceto (Pseudo-Apollodoro riporta che la Sfinge era figlia di Echidna e di Tifone).
Tutte queste sono divinità ctonie appartenenti a epoche antecedenti a che gli dei dell'Olimpo governassero il Pantheon greco.
Esiodo indica la Sfinge anche come sorella del leone Nemeo e "rovina dei Cadmei". Non propone descrizioni fisiche e la parola che adopera per nominarla è Φίξ, secondo lo scoliasta vocabolo del dialetto beotico.
Strabone riporta di aver visto varie sfingi egiziane.
Da un punto di vista scultorio la Sfinge risulta presente sia nel periodo miceneo che in quello minoico; in entrambi questi periodi le rappresentazioni sono sia maschili che femminili. Solo successivamente la figura femminile prese il sopravvento. Inizialmente poteva essere alata o non alata, con barba, con zampe di altri animali oltre al leone;
Erodoto specifica la maschilità di alcune sculture di sfingi, chiamandole ἀνδρόσφιγγες(androsfinges) La sfinge divenne alata e femminile solo dal VI secolo a.C.Una coppa del 550-540 a.C. prodotta da Glaukytes ed Archikles mostra sfingi femminili alate con accanto il nome ΣΦΙΧΣ(sebbene con forme arcaiche di sigma e phi).
Pseudo-Apollodoro la descrive in modo classico, ossia come un leone con volto da donna ed ali da uccello.
Fu l'emblema della città-stato di Chio e comparve sui sigilli e sul lato rovescio delle monete della città dal VI secolo a.C. al III secolo d.C.
Una volta battuta la Sfinge, il racconto prosegue con la Sfinge che si getta dalla sua alta roccia e muore. Una versione alternativa afferma invece che ella divorò se stessa. Edipo può quindi essere riconosciuto come una figura "liminale" o di soglia, con l'effetto di aiutare la transizione tra le vecchie pratiche religiose e quelle nuove degli dei dell'Olimpo, transizione rappresentata dalla morte della Sfinge.
Nella rivisitazione della leggenda di Edipo di Jean Cocteau, La Machine infernale, la Sfinge riferisce a Edipo la risposta all'enigma, in modo da uccidersi e da non dover quindi più uccidere, e anche da far sì che egli la amasse. Egli però la lascia senza mai ringraziarla per avergli dato la risposta all'enigma. La scena termina con la Sfinge e Anubi che ascendono al cielo.